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HAITI HA BISOGNO DI NOI

Haiti chiama, ha bisogno di attenzione e cura, non si può abbandonarla al suo destino, lasciarla sparire nel marasma comunicativo che tutto appiattisce e tutto passa veloce senza lasciare traccia nella mente e nei cuori. Dobbiamo davvero farci voce di chi non ha voce. Se non ne parliamo noi che l’abbiamo tanto amata e la amiamo chi ne parla oggi? C’è stato però qualche buon richiamo su alcune testate giornalistiche come Avvenire che ha tratteggiato la desolante e terribile situazione in cui vive la popolazione haitiana. Abbiamo trovato anche vari articoli legati a realtà che si occupano di missione e attenzioni caritative. Vediamo di riportare qui gli articoli più significativi e continuare poi ad essere aggiornati e aggiornare chiunque ha a cuore questo martoriato angolo di mondo nella splendida zona dei Caraibi.

Cominciamo da questo articolo pubblicato qualche mese fa, ma purtroppo ancora attuale perché la realtà nel frattempo non è cambiata, anzi peggiorata.

Vi comunichiamo una bellissima iniziativa che è urgentissimo diffondere alle persone che conosciamo e che hanno a cuore di offrire un aiuto concreto per il popolo haitiano. Vi alleghiamo qui sotto la locandina-video dell’evento sperando in una grande partecipazione .

VI aggiungo la parte del volantino che avevo pubblicato nel numero scorso VITA PER HAITI dove si parla dell’aspetto sanitario

Ringraziamo la Compagnia IdeeinscenaDesio con l’amico Andrea Pizzi che la dirige, gli amici e le amiche di Levhaiti di Arcisate, il Mooving operazione Haiti di Giuseppe Sala (Peppo) e lo stupendo gruppo giovanile missionario “Le Formiche” di Melzo

HAITI IN-CORON-ATA

Hotel Holoffson

Un tempo Haiti era stata incoronata la Perla dei Caraibi per la sua bellezza e per il suo livello di accoglienza turistica, meta di famosi artisti, letterati e poeti di fama mondiale. Era il periodo del dominio francese, una ricchezza pagata dalla schiavitù degli haitiani. Poi, dopo aver ottenuto l’indipendenza, ci sono stati altri brevi momenti felici, tra gli alti e bassi provocati dai continui colpi di stato e l’avvicendamento di dittatori e le violenze annesse. Ho avuto occasione di vedere il famoso albergo  Hotel Oloffson in stile coloniale che ha sempre dato alloggio personaggi famosi, ed è ancora in piedi a Port au Prince, resistito anche al grande terremoto e conservato in parte come un museo a ricordo di quei rari tempi tempo in cui tutto ad Haiti sembrava risplendere e attrarre. Ora Haiti ha ben altra corona, quella di uno dei paesi più poveri al mondo. Adesso è arrivato anche il Corona-virus tanto per non farci mancare nulla. Come stiamo vivendo questa drammatica situazione ad Haiti e in particolare nella zona della nostra Missione Fidei Donum ad Haiti?

Possiamo riassumere la situazione dicendo che in questo periodo si stanno sommando tre grossi problemi che insieme mettono ancor più a dura prova la normale lotta per la sopravvivenza quotidiana.

Controlli severi, soprattutto contro e
a danno degli haitiani

Il primo problema è l’epidemia che ha raggiunto anche noi e comunque bloccato il paese e con il fermo di molte attività come nella maggior parte del mondo. Pur avendo per ora registrati solo 180 casi di persone prese dal virus e 15 decessi, non sappiamo se la realtà haitiana, così incontrollabile, nasconda ben altri numeri su una popolazione di almeno 9.000.000 di abitanti. Temiamo proprio di si. Pesa molto il blocco dei traffici commerciali specialmente con la adiacente Repubblica Domenicana che ha chiuso da due mesi le sue frontiere e gli Stati Uniti di cui tutti conosciamo il dramma attuale. Così ogni genere di prima necessità diventa sempre più introvabile e in balia del mercato nero e della speculazione.

Un secondo problema sempre legato all’economia è l’aumento del valore del dollaro sulla moneta haitiana, ormai siamo al cambio di 105 gourde per un solo dollaro americano così tutto costa di più perché tutto dipende dalla moneta statunitense.

Il terzo problema che affligge soprattutto il mondo agricolo dove la maggior parte delle famiglie trova normalmente, almeno in certe stagioni dell’anno un minimo di sostentamento, è la siccità che a varie ondate non ha permesso di trovare raccolto ormai da Novembre, anche dopo ripetuti tentativi di seminare, quando sembrava che un po’ di pioggia potesse dare speranza. Quindi niente raccolti, niente di niente da mangiare, se non acquistando a caro prezzo un po’ di riso.

Ennesima semina, ennesima siccità, ennesima sconfitta per il raccolto…. ma si continua, la pioggia arriverà….
Resta sempre meno per tutti
La buona manutenzione in attesa di rifare il tetto
Futuro centro parrocchiale e missionario a Ka-Philippe
Indimenticato don Hervè Simeoni
Gruppo Formiche al Campo dei Sogni

La situazione in missione. Io stesso come missionario dipendo, in quasi tutto ciò ho per vivere e per aiutare a vivere chi mi è affidato, dagli aiuti di amici e comunità dell’Italia. Il mio mensile è già interamente utilizzato per i bisogni della missione, ma copre una minima parte dei bisogni che ho trovato e trovo ogni giorno. I progetti programmati e già avviati, sono del tutto bloccati per mancanza dei fondi promessi vista la paralisi conseguenza del lock-down. Ho sempre gli amici della Associazione Levhaiti di Arcisate, gli amici di Desio con il Moving for Haiti, ho gli amici di Melzo, in particolare il gruppo missionario “Le formiche”. Poi altri amici che sono stati anche a farmi visita o che hanno condiviso con me la missione. Penso anzitutto a sacerdoti in primo luogo come il nostro don Hervè Simeoni e poi a don Marco Tagliabue, don Giampietro Corbetta. Ho sentito da poco anche l’ingegnere Bertani che avrebbe voluto venire ad Haiti per continuare i progetti legati all’acqua potabile sponsorizzati da Filomondo e che per ora deve aspettare il momento buono per farlo. Così anche la Rotary Club della Valceresio, gli alpini di Arcisate e Varese. Tutti costoro sono giustamente alle prese con la crisi italiana e non mancano di sostenermi come possono, ma per ora è molto difficile reperire fondi da inviarmi visto il blocco di ogni attività o animazione di solidarietà. Certamente non sono solo, nel senso che ho alle spalle la diocesi di Milano che mi ha inviato e sono sempre in contatto con don Maurizio e l’Ufficio missionario per vedere il da farsi. Possiamo immaginare che anche una diocesi grande e illustre come quella ambrosiana sia caduta in grossi problemi anche economici vista l’assenza di servizi, di possibilità per mettere in atto raccolte di solidarietà e campagne di sensibilizzazione. Ho visto l’appello di più parroci italiani a chiedere solidarietà ai fedeli per sostenere la vita della parrocchia in mancanza delle offerte che arrivavano dalle celebrazioni e dai vari servizi resi. A livello specificatamente missionario poi, se non sbaglio, sono aperte nel mondo una quarantina di missioni Fidei Donum ambrosiane come la mia e tutte con gli stessi problemi

Fino al prossimo mese ho ancora qualcosa da gestire, poi raccoglierò le briciole e poi non so. Sono preoccupato, ma anche fiducioso. Vivere in missione aiuta molto ad abituarsi a stare in bilico sul limite più estremo senza perdersi nelle vertigini dello scoraggiamento e dello sconforto. Ho imparato a vivere affidandomi, senza che questo non tolga nulla all’impegno e all’intraprendenza evangelica.

Prime prove di distanza “liturgica”….

Per il resto io sto bene, sia fisicamente che spiritualmente. Soffro anch’io per il fatto di non poter celebrare con il popolo, se non alla domenica con un piccolo gruppo sparpagliato tra le panche. Per il resto celebro da solo. Non posso girare tra le comunità, sia per le celebrazioni che per i vari servizi e resto “a casa” come indicato dai nostri vescovi e dal governo. Giovedì avremo una riunione con i vari responsabili delle comunità per vedere di mettere in piedi, anche per noi, una fase 2. Se mi ammalassi non troverei le cure adatte visto la mancanza di ospedali attrezzati. Inoltre anche i voli per l’estero e dall’estero sono ormai praticamente impossibili. Ho scelto di non partire quando due mesi fa era ancora possibile, quando i casi accertati erano meno di una decina, preferendo restare a condividere con il popolo haitiano questo momento difficilissimo. Pensavo che da qui sarei stato più utile e che bastasse, come finora è bastato, prendere le dovute precauzioni e stare prudenti.

Ho senz’altro più tempo per la preghiera e la riflessione il che non guasta proprio. Mi faceva riflettere una recente omelia di Papa Francesco sull’importanza di dare primato alla preghiera proprio perché sia Dio ad agire in ciò che facciamo e che facciamo in suo nome. Se c’è un spirito di Fede alimentato dalla preghiera e dall’ascolto della parola si può avere il dono della consolazione dello Spirito come direbbe l’amato Card. Martini, avere cioè la gioia di cogliere la presenza del Regno di Dio proprio nelle situazioni più umili e magari tribolate. Ed ecco un’altra Haiti “incoronata” perchè segno del Regno.

A questo proposito riflettevo sul fatto che proprio in questo momento più difficile e diremmo inadeguato, è finalmente fiorita ad esempio una azione verso i bambini portatori di handicap, che sono i più poveri tra i poveri da tutti i punti di vista. Ispirati e sostenuti dall’attività di Maddalena Boschetti denominata Aksyon Gasmi che opera in diocesi a partire dal centro di Mare Rouge, ho trovato una giovane infermiera, Navelie, disponibilissima a tuffarsi con amore e professionalità in questa avventura e l’epidemia non ha bloccato la sua iniziativa nel visitare le famiglie con i casi di bambini in difficoltà. Ne stiamo prendendo a carico diversi, giorno dopo giorno con il bel sostegno dell’associazione di Maddalena. Sono molto contento di questo perché è un fiore sbocciato alla faccia di tutte le difficoltà del momento. Da tempo Maddalena ci ha insegnato a chiamare questi bambini Sous Renmen, sorgenti d’amore ed è così. Questi bambini nascosti per vergogna e ignoranza cominciano ad avere un volto e un nome e soprattutto un aiuto.

Sempre nel campo sanitario bisogna fare i complimenti a Chiara Catenazzi, operatrice della nostra Caritas ambrosiana, anche lei rimasta coraggiosamente ad Haiti a prestare servizio come coordinatrice della Caritas diocesana di Port de Paix. Grazie al suo lavoro tenace, alla sua esperienza con i non facili collaboratori haitiani, sono continuate sul territorio le azioni per combattere contro la malnutrizione dei bambini più piccoli e per sostenere l’opera dei dispensari locali. Grazie a loro, un’altra organizzazione che voleva dare una mano offrendo sementi per la semina, si è appoggiata all’organizzazione del nostro dispensario per recuperare una lista di beneficiari scelti tra i più poveri e i più malnutriti. Si può dire che sia l’unico segno di attenzione rimasto per la popolazione da parte di enti o associazioni. Altre onlus e organizzazioni si sono ritirate da primi di febbraio e hanno sospeso ogni servizio, come anche il governo che per ora non ha dato nessun vero segno di risposta ai problemi della popolazione.

La piccolissima Naomi

La piccola Naomi, ecco un altro segno del Regno. Alcuni giorni fa, la mamma di due chierichetti della parrocchia, si è presentata al mio studio portando in braccio un fagottino. Si trattava di una neonata abbandonata ad un incrocio tra la grande strada e un sentiero, vicino alla parrocchia. La bimba è stata partorita da una giovane donna demente, incapace di intendere e volere, che ha deciso di metterla in un sacco e abbandonarla al suo destino. Sarebbe morta se i suoi vagiti non avessero attirato l’attenzione di un passante. Adesso è stata accolta da questa nostra bella famiglia che abita vicino alla chiesa. L’hanno chiamata Naomi, bellissima come la famosa modella. La comunità ha deciso di dare una mano assicurando il costoso latte speciale in polvere per il suo nutrimento. Fra l’altro, la famiglia che l’ha accolta era appena uscita dalla tristezza del lutto per la morte del papà della mamma adottiva. Ora la vita e l’amore del Risorto è tornata a splendere nella loro casa con la gioia di tutti.

Qui da noi mancano le mascherine, anche se il governo le ha promesse, ma chissà quando le potremo avere noi del lontano e spesso dimenticato nord ovest. Un gruppo di giovani ragazze guidate da una sarta esperta, hanno deciso di organizzarsi per produrre mascherine fatte a mano, così nello stesso tempo si esercitano per apprendere l’arte della sartoria. Ne stanno realizzando un primo stock di 200 con il materiale procurato dalla parrocchia grazie ad un contributo inviato da don Hervè e utilizzando il locale della comunità e le tre macchine rimesse in sesto per l’occasione. Stanno lavorando alacremente e penso che diventeranno formidabili nel farne ancora tante altre e bene.

Un regalo faraonico. Una bella sorpresa, soprattutto inattesa in questo periodo dove in tanti vengono a trovarmi per chiedere un aiuto, anche solo un po di cibo perché non mangiano da un giorno o più. Il giovanissimo Olby, piccolo sacrista della parrocchia, si è presentato a metà mattina di ritorno dal solito giro mattutino per il controllo degli animali al pascolo . Teneva in braccio ciò che loro chiamano Pentad mawon, cioè una faraona selvatica difficile da prendere se non con trappole ben studiate. L’ha trovata impigliata in una delle sue e ha pensato di farmene dono. La mia cuoca ha fatto il resto e devo dire che era davvero squisita per il pezzettino che sono riuscito a mangiare perché inspiegabilmente il resto del povero animale se l’è pappato qualcun altro, ben gli faccia, vista la fame che affligge un pò tutti. Comunque ho apprezzato la gratuità di questo gesto più del buon boccone arrivato sul piatto. Bravo Olby!

Ora una storia triste che mi ha fatto soffrire non poco, una bella sfida per mostrare come l’amore di Gesù ci deve animare e ispirare. Un giovane della parrocchia, entrato in un giro di debiti o di cattivi affari, è stato scoperto da alcuni giovani collaboratori uscire dalla mia stanza con fare furtivo. Aveva trovato la mia chiave nascosta (non così bene evidentemente) che ne apriva il lucchetto. Sapeva che io ero impegnato al piano terra, nel mio ufficio a ricevere le varie persone. Il rumore della porta ha attirato i giovani che stavano risolvendo un problema informatico nella stanzetta accanto e che mi aspettavano per chiedermi dei consigli e pensavano che fossi stato io ad uscire dalla stanza. Lui, colto di sorpresa, se n’è andato di fretta ed è sparito dalla circolazione. Appena saputo, ho poi controllato e mancavano 8.000 gourde da una busta con 50.000 gourde che avevo nascosto nella cerniera di una valigia che ho trovato aperta e con i soldi in disordine. Non avrei voluto, ma la notizia si è propagata in un attimo fino a raggiungere gli haitiani della comunità residenti all’estero. Da qui la reazione del comitato che ha deciso di intervenire con forza e affidarlo al giudizio di un bravo giudice della zona, che prima di iniziare le indagini e il processo è venuto a trovarmi assicurandomi che avrebbe cercato di ottenere verità e giustizia, ma che tutto serviva perché il giovane prendesse coscienza del male fatto. Così lo hanno portato nella prigione del nostro comune a Jean Rabel per interrogarlo con calma e verificare altri fatti sospetti, visto che c’erano stati altri tre furti giù nel nostro ufficio parrocchiale di cui diventava ora il primo sospettato e visto che da tempo gestiva una quantità di denaro la cui fonte era inspiegabile. Lo scandalo però era più grave perché si trattava di un giovane inserito nella pastorale giovanile e nel gruppo liturgico, orfano di entrambi i genitori, accolto da varie famiglie e che anch’io avevo sostenuto per la scuola e altre necessità. La gente poteva dire ecco, sono tutti ladri quelli che bazzicano la parrocchia e se ne approfittano dell’ingenuo e buon padre Levi. C’è chi ha detto che rubare ad un bianco non è poi un crimine, anzi una sorta di giustizia per quello che i bianchi hanno fatto ai neri. Mentre era chiaro che il furto fatto a me, era fatto a tutte le nostre comunità, perché quei soldi servivano al bene di tutti.

Prigione haitiana, venditore di sigarette ai detenuti
Condizioni inumane delle prigioni haitiane

Per dirla in breve, visto che il giovane non mostrava una vera disponibilità a confessare anche perchè incapace di difendersi e argomentare, il giudice avrebbe deciso, secondo la legge haitiana, di mandarlo nella vera prigione di Port de Paix, almeno per un mese, se non per sei. Si sarebbe trattato di un vero inferno umano dove avrebbe certamente subito umiliazioni e violenze di ogni genere. Ho scritto una lettera al giudice, perché tutti mi sconsigliavano di presenziare di persona al processo, dove ho chiesto clemenza e ho chiesto di rimandarlo a casa dove la comunità si sarebbe fatto carico di vegliare su di lui e aiutarlo ad uscire da questo male. Gli avremmo chiesto dei servizi di utilità sociale per ricambiare il male fatto con il bene e per far risplendere la luce misericordiosa del Vangelo. Il bravo giudice ha acconsentito e il giovane ha restituito almeno gli ottomila gourde sottratti dalla mia stanza, ed è ritornato a casa dopo i cinque giorni di reclusione prevista nel carcere comunale.

Animazione dei giovani in parrocchia prima del lockdown

Due giorni dopo è venuto in parrocchia e mi ha abbracciato chiedendomi scusa e ringraziandomi commosso. Adesso si è deciso che stia discretamente a casa della famiglia di alcuni parenti e poi, ad acque calme, vedere come iniziare un cammino di recupero alla vita.

Partenza per il ritiro dei giovani in preparazione alla Quaresima, febbraio 2020

Ecco qui, secondo me, il Regno di Dio manifestarsi luminosamente proprio là dove tutto sembra perso e ottenebrato dal male, ecco le consolazioni dello Spirito là dove il Vangelo trova reale corrispondenza nella nostra vita quotidiana. Così trovo Haiti veramente incoronata perché segno e partecipazione del Regno di Dio.

Per concludere un video di repertorio dell’estate scorsa come augurio di poter rivivere al più presto la gioia di stare insieme e vivere tante belle esperienze anche con gli amici italiani…

Riandrà tutto bene

Pè Levi Spadotto

ALLA TUA LUCE VEDIAMO LA LUCE

Pasqua 2020

Crocifisso di Ka Philippe, Haiti

È in te la sorgente della vita,
alla tua luce vediamo la luce.

Sal 35,10

Carissimi e carissime, riprendo a scrivere sul blog di Levhaiti, dopo molti mesi di aridità comunicativa e di una preoccupante pigrizia su questo compito che mi ha sempre entusiasmato.
La situazione surreale e drammatica della pandemia attuale, costringe anche noi in missione a “restare a casa” e rispettare le direttive dettate anche dal nostro governo haitiano e dalla nostra diocesi. Pur avendo riscontrati e accertati “solo” 33 casi in tutto il territorio nazionale, si è deciso da tre settimane di chiudere le scuole, alcune attività commerciali, evitare assembramenti di persone, celebrazioni, riunioni e tutto ciò che può facilitare la eventuale trasmissione del contagio tra le persone. Si raccomanda di non circolare, ma per adesso non esiste nessun controllo ed è affidato al buon senso di chi ha capito il pericolo che corriamo.
In effetti se i casi accertatati sono solo 33 si può supporre che molti altri siano restati nel sommerso di questa società così ingestibile e incontrollabile. La gente si ammala e muore e magari non sa nemmeno se per causa di questo virus sconosciuto. Da un altro punto di vista c’è sempre il rischio di chi vuole approfittarne, magari sfruttando gli eventuali aiuti inviati per sostenere l’emergenza per interessi personali. La classe politica haitiana su questo è poco affidabile. Mi piace pensare che questo ciclone infettivo ci sfiori solamente come è successo per gli ultimi grandi cicloni passati vicino a noi, ma che hanno scaricato la loro forza devastante in altri paesi limitrofi, soprattutto in questi ultimi due anni. Avevano sofferto già fin troppo con la devastazione dell’uragano Matthew dell’ottobre 2017.

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Ad Haiti si teme una catastrofe, articolo di Alessandro Cadorin, operatore Caritas italiana Haiti

Se l’epidemia scoppiasse anche da noi sarebbe una strage vista l’inconsistenza del nostro sistema sanitario e l’estrema povertà della popolazione. Se volete c’è questo articolo di Alessandro Cadorin, coordinatore per Caritas italiana ad Haiti che è molto ben fatto e preciso: https://www.vaticannews.va/it/osservatoreromano/news/2020-04/ad-haiti-si-teme-una-catastrofe.html?fbclid=IwAR1dTYifSaC7bwrjji9OV_TQk3aqCp7SRBH6m7G_rF7uL-9IO9evmOjPd1c

In ogni caso il forzato rallentamento delle attività pastorali, mi offre tanto tempo per riflettere, pregare e anche scrivere.
Sono molto coinvolto dalla drammaticità di quanto state vivendo in Italia e davvero non ho parole per commentare quanto sta accadendo. Ho trovato illuminante un testo meditativo trovato per caso mentre volevo riflettere sulla frase del Salmo 35, 10 citata come titolo: “alla tua luce vediamo la luce”.
Lo scrive don Antonio Savone, un parroco dell’Arcidiocesi di Potenza, le cui omelie sono state pubblicate e apprezzate. Spiega la frase del salmo alla luce del mistero della Trasfigurazione:

Manca a tutti la capacità di leggere il reale oltre il mero accadere. È come se non avessimo il codice per interpretare ciò di cui siamo spettatori o protagonisti. E perciò finiamo per collezionare momenti, stati d’animo, esperienze senza riuscire a cogliere fino in fondo la loro valenza per il nostro cammino di uomini e di credenti. Era accaduto anche ai discepoli che pure hanno avuto la grazia di conoscere Cristo secondo la carne, attraverso la sua umanità. Questo accade soprattutto quando il presente si consegna a noi nel suo versante drammatico di buio, di assurdo, di negativo: non ci è dato scorgere l’oltre della pura fattualità.
Per questo torna ogni anno l’appuntamento con quel mistero di luce che è la Trasfigurazione di Gesù. Come Pietro, Giacomo e Giovanni abbiamo tutti bisogno di un luogo e di un momento che ci faccia intravedere la bellezza che è sepolta in ogni cosa, in ogni esperienza, in ogni persona e ci permetta di leggere la storia, la nostra storia con un unico sguardo.
Se acconsentiamo a lasciarci condurre in disparte dal Signore Gesù, impariamo a leggere tutto alla luce del suo volto. Che è proprio ciò che ci manca. Tutto, infatti, siamo abituati a misurare a partire dalla nostra prospettiva troppo angusta e dal fiato corto. Il Sal 35 ci fa pregare così: “alla tua luce, Signore, vediamo la luce”. E la vediamo anche quando, forse, siamo immersi nella tenebra.
Alla tua luce impariamo a scorgere la vita non come un insieme insensato di eventi ma come quella realtà che pur tra mille contraddizioni attesta continuamente che Dio è fedele alla promessa.
Alla tua luce intravediamo come nulla sia materiale di scarto; anzi, proprio ciò che volentieri rimuoveremmo, il Signore lo usa come pietra angolare.
Alla tua luce gli altri con cui talvolta facciamo fatica a camminare, sono visti come l’occasione propizia a noi offerta dalla grazia del Signore, per imparare a compiere quel passo in più che altrimenti ci sarebbe precluso.
Alla tua luce le zone d’ombra sono il punto da cui impariamo a gustare la grazia della luce.
Alla tua luce le contraddizioni sono ricomposte e le ferite divengono il canale mediante il quale giunge a noi il flusso rigenerante della misericordia di Dio.
Alla tua luce scopriamo che non è dato fermare il tempo: è necessario, piuttosto, riprendere il cammino nonostante le insidie e la fatica del viaggio.
Alla tua luce impariamo a non rimuovere dal nostro sguardo lo scandalo della croce e ad assumerlo fino in fondo nella certezza che esso è già caparra di una nuova fecondità.
Alla tua luce apprendiamo l’arte di stare nella vita come c’è stato il Figlio di Dio con uno stile di obbedienza.
(Antonio Savone – fonte: A casa di Cornelio)

Per il contagio che salva….

Non avrei saputo trovare parole migliori per invitare tutti a “guardare alla luce” quella del Risorto, proprio adesso che le tenebre tentano di farci vedere tutto nero.

Ho pensato che un po’ della luce del Signore può trasparire anche da quanto vi sto per comunicare, per aggiornarvi sulla situazione della missione.

Grazie don Hervè

Un primo pensiero va a don Hervè con il quale ho condiviso quasi un anno di missione, da fine dicembre 2018 a Settembre 2019 e che è rientrato in Italia per motivi di salute. Con lui abbiamo tentato l’esperienza di un lavoro a due, mettendo in comune la mia competenza maturata da 4 anni di presenza nel territorio e la sua di Fidei Donum esperto con il servizio svolto per 10 anni in Cameron e 4 in Niger.

Quanto più passano i giorni dalla sua partenza tanto più avverto la profonda traccia che ci ha lasciato con la testimonianza del suo servizio generoso, intelligente e umile. Non nascondo che non ero poi così preparato ad una vita a due e non tutto è stato facile, per entrambi. La nostra prima forza è stata davvero la preghiera comune, uno degli aspetti che mi mancano molto ancora. Ho trovato tanta ricchezza e profondità nel modo di riflettere, proporre e vivere la missione da parte di don Hervè e sicuramente è stato rigenerante il contatto con lui. Se adesso ho la forza e l’entusiasmo per continuare come Fidei Donum ad Haiti lo devo tanto a questi mesi trascorsi con lui, al suo esempio, alle sue salutari provocazioni e ai suoi inviti per un salto di qualità come prete e come missionario. Ogni tanto ci scriviamo o ci sentiamo per aggiornarci sulla situazione, ma adesso si sa è un momentaccio per tutti, si tratta di vivere la pazienza del “restare a casa” e trovare la gioia di fare anche così ciò che piace al Signore.

Grazie a don Hervè abbiamo già ricevuto aiuti da benefattori sensibilizzati dalle sue testimonianze e dal suo vivissimo interesse per il bene della nostra missione. Ci stiamo ancora godendo il bel cortile della scuola realizzato con i fondi da lui trovati e soprattutto in memoria di Fernanda e Nazarena Colleoni.
Un gruppo di adulti e giovani si stanno ormai perfezionando nell’uso della saldatrice che don Hervè ha portato dall’Italia e che ha insegnato ad usare facendolo diventare anche una attività redditizia per la comunità e per avere un utile per aiutare i più poveri. Stesso discorso per l’uso della macchina idro-pulitrice che funziona benissimo per il lavaggio di moto e di macchine. Sempre con don Hervè alcuni giovani hanno appreso l’arte della serigrafia e grazie al materiale procurato dall’Italia adesso sono in grado di stampare t-shirt da vendere o che sono richieste per avvenimenti celebrativi o campagne pubblicitarie di vario tipo.
Sempre dalla sua sollecitudine abbiamo ricevuto aiuti per aiutare la semina compromessa dalla strana siccità dei mesi scorsi offrendo aiuto a più di 150 agricoltori della zona la possibilità di acquistarne
Questi sono solo alcuni esempi di come la presenza di don Hervè continua ad essere sentita, concreta e amata.
Grazie ancora don Hervè, o meglio, Pè Sove (padre salvezza) come la gente ha voluto amabilmente soprannominarlo, soprattutto apprezzando il suo forte spirito di Fede

Da Sinistra: Chiara, Elena, don Levi, Francesco e Davide

Grazie Caritas Ambrosiana
Sento molto forte la vicinanza e la sollecitudine della nostra Caritas Ambrosiana soprattutto nella figura di Davide Boniardi responsabile per l’attività che si svolge in America centrale e latina. Era stato tra noi in visita dal 14 al 16 febbraio per accompagnare i due operatori del servizio civile, Elena e Francesco che vivranno il loro periodo di presenza e azione fino al gennaio 2021.
Abbiamo così potuto precisare con lui le condizioni e i dettagli per il lavoro che Elena e Francesca dovranno svolgere qui da noi, in particolare a favore dei giovani, dei casi sociali più vulnerabili e come un aiuto per me a portare avanti i progetti locali presenti e futuri sostenuti dalla nostra Caritas Ambrosiana. Era con noi anche la nostra Chiara, impegnata come coordinatrice Caritas Ambrosiana con la Caritas diocesana di Port de Paix e riferimento locale per il progetto.

Tra gli argomenti si è parlato per progetto “Cassaverie” e come arrivare in tempi brevi alla sua definitiva realizzazione, sia a livello di struttura, sia a livello di fondi da reperire, sia a livello di avvio della sua attività. Per il momento la costruzione è arrivata alla base, il piano interrato che comprende una grande cisterna e una camera per il lavaggio della manioca sfruttando il forte dislivello del terreno che ha comportato un costo assai maggiore del previsto. Per arrivare al completamento abbiamo raccolto la bella disponibilità da parte della Rotary Club della Valceresio e di Varese a sovvenzionare il completamento del progetto. Qui dobbiamo ringraziare soprattutto il dott. Commercialista Giuseppe del Bene e l’avvocato Mauro Giardini. Poi però è piombato su noi tutti il disastro del Covid-19 che ha per ora bloccato ogni iniziativa. Speriamo che tutto possa riprendere nei prossimi mesi, dopo aver sconfitto il mostro invisibile. La partenza di Elena e Francesco ha dovuto essere decisa in pochissimo tempo visto il profilarsi dei blocchi aerei ed è così che dopo un bellissimo periodo di circa un mese dove abbiamo potuto apprezzare e stimare il loro stile di partecipazione, amore e servizio, ci siamo dovuti arrendere alla decisione del loro rientro in Italia fino a data da destinarsi. Carissimi Elena e Francesco qui tutti, soprattutto giovani e bambini, vi aspettano e non vedono l’ora di potervi riabbracciare. Mettiamo qui di seguito un piccola galleria di immagini che possono riassumere la bellissima esperienza del primo mese con la loro presenza.

Grazie don Marco
Sto andando a ritroso nel tempo e arrivo al mese di Dicembre quando è stato tra noi don Marco Tagliabue che si è potuto concedere quasi un mesetto per stare con me e gustare dal vivo l’esperienza missionaria con un Fidei Donum.

E’ stato davvero un dono per noi tutti e soprattutto per me. Lui si è potuto immergere con assoluta gratuità e disponibilità nella vita della missione collaborando in tutto ciò che poteva fare e partecipando con passione ad ogni aspetto della nostra vita. Questo periodo serviva a lui come tempo di riflessione e confronto in vista del suo prossimo incarico pastorale nella diocesi di Milano. Ora è stato nominato responsabile della comunità di San Giorgio nella Comunità pastorale di Desio, anche se ha cominciato il suo servizio nel clima restrittivo e da quarantena del corona virus. Quindi con l’impossibilità di poter incontrare i fedeli ed entrare in pieno nelle varie attività pastorali sospese fino a data da destinarsi come in tutta la Chiesa ambrosiana e nazionale. Ogni tanto ci sentiamo e ravviviamo il bel ricordo dei giorni vissuti insieme. Io ho conosciuto e imparato a stimare don Marco quando è diventato prefetto presso la comunità delle medie in seminario a Venegono Inferiore di cui ero appena diventato padre spirituale. Lui era in IV teologia e io al primo anno come responsabile spirituale della piccola comunità delle medie.

E’ stato emozionante e gratificante rivederci guidati dalla provvidenza dopo tanti anni. L’ho trovato pieno di forza e profondità spirituale nonostante un periodo reso difficile per lui da incomprensioni e fatiche con alcuni responsabili diocesani. Mi sono detto ecco un vero prete ambrosiano, averne così…
Lui ha dato prova di vera capacità di ascolto, e ogni occasione era motivo per lui di stupore e di interesse. Ne sono prova i tanti video da lui prodotti e diffusi. Ne metto qui alcuni, ma potete trovarli sul canale youtube. Ho riscoperto la sua simpaticissima abilità di intrattenere i più piccoli con esercizi di magia cosa che ha saputo stregare l’attenzione di tutti e reso più facile la relazione con i bambini malgrado il problema della lingua.

Davvero grazie don Marco, sarebbe bello se tu tornassi magari con un bel gruppo di volontari della tua nuova comunità animati dal tuo stesso genuino spirito missionario.

Altri video in https://www.youtube.com/channel/UC_bVDHpYDAolSBG63xqXELA/featured

Il progetto Casa accoglienza e centro missionario parrocchiale

La presenza di Elena e Francesco per il servizio civile in parrocchia e un contributo provvidenziale inviato dalla nostra Caritas Ambrosiana proprio per creare condizioni di alloggio più agevoli possibile ci hanno spinto a fare un altro passetto in avanti nella realizzazione del Centro Parrocchiale, pensato sia come casa dei sacerdoti, sia come casa di accoglienza per volontari e collaboratori, sia come centro missionario per servire le 17 comunità sparse nel vasto territorio della parrocchia. Così abbiamo avuto l’opportunità di completare tre stanze con relativi servizi igienici e un minimo di impianto elettrico. Siamo così al 55% dell’intera opera e manca ancora un grande lavoro per il completamento della struttura con almeno un bilancio preventivo di 60.000 dollari.

I nostri sostenitori stanno facendo il possibile per accontentarci, ma ora con il blocco di ogni iniziativa e attività e la situazione terribile generata dalla pandemia tutto è nuovamente bloccato in attesa di tempi migliori, anzitutto per la nostra cara Italia. Con l’interessamento di don Maurizio Zago responsabile dell’Ufficio Missionario Diocesano di Milano si vuole chiedere ancora aiuto alla Fondazione Lambriana per vedere se è possibile un ulteriore contributo dopo quelli già inviati in questi anni. Gli amici di Desio con Mooving for Haiti vorrebbero prendersi cura della parte della casa che comprende la grande cucina comunitaria, il magazzino alimentare e il portico con i servizi connessi per l’attività della mensa. Ma adesso, anche per loro tutto dipende dall’evolversi del problema del Corona Virus e i tempi per tornare ad una ripresa economica e sociale che permetta di sostenere progetti di solidarietà come questo. Colgo l’occasione di augurare a Peppo (Giuseppe Sala) la piena guarigione dopo essere stato ammalato a causa del Covid-19

Siamo come sempre in mano alla Provvidenza e ciò che adesso mi preme di più é riuscire a portare avanti la vita di ogni giorno con le sue nuove necessità indotte dal negativo riflesso economico e sociale del Corona Virus. Temo che presto, ad Haiti, arriverà una crisi nazionale dove mancheranno i generi di prima necessità, per non parlare dell’aspetto sanitario che è già di per se un disastro come ben descritto dall’articolo di Alessandro Cadorin citato prima.

Quindi siamo alla ricerca di qualche aiuto per quanto sta per accadere e accadrà. Nel viaggio che avrei programmato di fare, come ogni anno, a Maggio, per un rientro in Italia, avevo già previsto di raccogliere dei fondi grazie all’attività di visita e animazione missionaria nelle varie comunità che ci sostengono, ma ora tutto questo è negato dalla situazione e dall’impossibilità di viaggiare. L’associazione Levhaiti di Arcisate e il Gruppo Missionario “Le Formiche” di Melzo hanno già dato le prime risposte nonostante i tempi difficili e so che non mancheranno di testimoniare ancora e poi ancora il loro amore per i poveri. Malgrado questo, i fondi rimasti dureranno poco, ancora per quasi due mesi e poi ci saranno problemi. Nonostante tutto devo dire che non sono angosciato, ho l’interiore certezza che tutto, prima poi, andrà per il meglio, nei tempi e nei modi che potranno sorprenderci… Adesso per tutti è prioritario far fronte comune al male di questa pandemia e sentirci davvero solidali e vicini. Ho molto più tempo per pregare e vedrò di non farmi sfuggire questa prima risorsa fondamentale per il bene di tutti: “alla tua luce vediamo la luce”.

Auguri , che la Pasqua continui, che sia per tutti un nuovo inizio, una vera risurrezione dopo questa prova tremenda e crocifiggente.

Con affetto immenso: Pè Levi

NWEL  LA SAN LIMIT YO
IL NATALE SENZA LIMITI

Superare i limiti si può, ecco la sensazione che provo nell’essere immerso in tanti bei lavori che cambieranno la qualità della vita dei nostri parrocchiani haitiani… Quando ho iniziato a Dicembre del 2015, vedevo come un limite tutti gli edifici semi-diroccati a causa di una quindicina di anni di abbandono, i tetti scheletriti con qualche pezzo di lamiera arrugginita miracolosamente rimasta su e in balia dei colpi di vento che componevano l’abituale sinistro concerto notturno di scricchiolii, attriti metallici e i vari tam-tam di parti penzolanti che sbattevano tra loro. Mi dicevo: beh, adesso inchiodiamo bene quella lamiera, evitiamo che quel muro crolli del tutto in attesa di metterci mano sul serio, togliamo dalla vista tutto il materiale sparso a terra e in ogni angolo, mettiamo un po’ di terra e ghiaia da dove si formano pozze d’acqua e fango nel cortile… così ho cominciato a far qualcosa, superare qualche limite nel piccolo di quanto potevo fare e far fare… Da allora tanto è stato fatto e mi sembra incredibile constatare tutti i progressi raggiunti… Gli edifici parrocchiali rimessi in condizioni dignitose e solide, tetti, muri, armadi, banchi, lavagne, sedie, servizi igienici, un minimo di abitabilità per me sul retro della chiesa, con due stanzette e un cucinino, poi l’ufficio parrocchiale e l’ufficio per il sacerdote, le due cisterne sotto la chiesa rimesse in sesto, più una nuova per la scuola, lo spazio cucina per la mensa scolastica e le riunioni dei gruppi o le feste. Il nuovo tetto del dispensario, il sistema con i pannelli solari e le batterie per dare la corrente… e poi quattro chiese ricostruite dopo i disastri combinati dall’uragano Matthew, altri tre dispensari riaperti e risistemati nelle zone più remote del territorio parrocchiale, l’avvio delle tante attività caritative, come il magazzino alimentare per sfamare i più poveri, il progetto caprette, il progetto Selfina con le adozioni a distanza, il servizio sanitario a domicilio, la formazione di operatori Caritas distribuiti in tutte le 17 comunità della parrocchia. Poi c’è tutta l’attività pastorale che si è sviluppata in diverse direzioni, in particolare quella formativa per i responsabili delle comunità e dei gruppi, la scuola della Fede per gli adulti, gli incontri mensili per i leader dei giovani, il gruppo Kiwo ormai presente in tutte le 17 comunità….

Non avevo proprio idea di poter arrivare a tanto e non era una strategia così facilmente programmabile a priori. Gran parte di quanto si è fatto era legato alla provvidenza. Se ho imparato qualcosa finora da questa missione è davvero l’affidarmi a Dio e alla sua opera nei cuori di chi si è messo in gioco per aiutare la nostra missione.

Un altro guadagno è che se vedo dei limiti, mi sento portato a superarli e a farli superare. Non mi fascio la testa con i ma e con i se, mi dico: prima o poi ci riuscirò, prima o poi con l’aiuto del Signore e di chi ci vuole bene troverò mezzi e modi, ne sono certo! Proprio vero che I limiti non sono un ostacolo, ma un invito, una sfida, una opportunità.

 

In questo momento della vita di missione stiamo per realizzare tre grandi obiettivi, impensabili due anni fa. Il primo è dare l’acqua potabile a Ka-Philippe e far fare all’acqua di sorgente 3,5 km di percorso, per un dislivello di circa 350 metri, con pompe azionate dall’energia solare. Il secondo è un progetto di sviluppo agricolo sostenuto e promosso insieme alla nostra Caritas Ambrosiana con la creazione di una “cassaverie” per la lavorazione della manioca amara che ha il suo habitat ideale nella nostra zona e che coinvolge centinaia di nostri contadini. Il terzo è il completamento della costruzione della casa parrocchiale, iniziata l’anno scorso, che diventerà un centro missionario e base di appoggio per accogliere sacerdoti, missionari, volontari e operatori.

ACQUA POTABILE, DA KABONET A KA-PHILIPPE

Ci siamo, ormai il più è fatto, se Dio vuole, per Natale avremo l’acqua a Ka-Philippe. C’erano tre bacini da costruire, tre chilometri e mezzo da scavare, con un canale profondo 60 cm e largo trenta per interrare i tubi di portata. Un chilometro e mezzo è stato scavato dagli stessi proprietari dei terreni attraversati con un giusto compenso, ma gli altri due chilometri per arrivare fino al bacino di distribuzione situato sulla collinetta davanti alla chiesa è stato fatto gratis dalla popolazione stessa, cattolici, protestanti e perfino gente vuduista. Io ho procurato il pasto quasi ogni giorno, ma alcuni giorni sono stati loro stessi a offrire e cucinare il cibo. Non si era mai visto questo lavoro di insieme, le chiese tra loro, i vari gruppi religiosi e civili. L’acqua sarà davvero un dono e la vita per tutti.

Mancano i dettagli per finire di istallare e connettere le pompe, i pannelli fotovoltaici, e fare poi le prove di collaudo, ancora una quindicina di giorni e potremo vedere l’acqua uscire dai rubinetti di Ka-Philippe. Sarà una festa per tutti! Ringraziamo ancora gli amici di Filomondo con l’ingegnere Bertani, gli Alpini di Varese e Arcisate, gli amici di Desio e gli amici Levhaiti di Arcisate. Nel complesso un progetto che arriverà a costare circa 60.000 dollari o poco più, ma ben coperto dagli aiuti ricevuti.

PROGETTO “CASSAVERIE”

Dopo l’uragano Matthew, che nel 2016 ha provocato distruzione e danni ingentissimi, la nostra Caritas Ambrosiana è intervenuta per dare una prima risposta alle varie emergenze. Finita l’emergenza più grave, si è deciso di contribuire a favorire progetti di sviluppo. Uno di questi è stato individuato come progetto “Cassaverie”, cioè favorire la produzione della Cassave che è una specie di focaccia prodotta con la farina di manioca, della qualità più preziosa definita “amara” (se non cotta e trattata, ha una certa tossicità). La zona è infatti assai favorevole alla coltivazione della manioca amara, ci sono centinaia di agricoltori interessati e che stavano per perdere la tradizione di questa coltivazione a causa della difficoltà della lavorazione del prodotto. La manioca è invece un tubero che resiste alle intemperie e ai capricci del meteo, può essere la base per diverse produzioni alimentari e se trasformato in farina si conserva a lungo e può colmare il deficit alimentare della vita delle famiglie che vivono e sopravvivono di ciò che riescono a coltivare. Le coltivazioni di mais, patate e fagioli spesso sono messe a rischio dalle variazioni di clima, soprattutto in caso di periodi di siccità o di maltempo, mentre la manioca resiste.

Si è costituito un comitato, si è fatto un censimento degli agricoltori interessati e con loro ci sono stati sia incontri formativi che visite campione ai terreni. La Caritas diocesana di Port de Paix è stata coinvolta in collaborazione con la nostra Caritas di Milano, grazie alla mediazione dei nostri operatori italiani presenti sul posto, tra cui Francesca e Chiara. Ci sono stati incontri formativi per discutere e definire il progetto con la presenza di esperti, di un agronomo, Fritz, in servizio nello staff haitiano di Port de Paix.

 

 

La situazione delle coltivazioni è ancora buona, anche se in alcuni terreni andrebbe ripristinata la semina e la cura delle piantagioni. L’idea è di costruire un magazzino-laboratorio a Ka-Philippe, con macchinari atti alla lavorazione del prodotto: pelatura, frantumazione, essiccazione, trasformazione in farina e poi la produzione delle focacce con un forno per la cottura. In seguito c’è da confezionare il prodotto e la spedizione e trasporto nei centri di mercato interessati.

La cassave secca è molto amata dagli haitiani e tutt’ora la domanda è alta e non trova risposta sufficiente, lo spazio di mercato è assai promettente e proficuo.

A questo si aggiunge che la farina può essere distribuita a prezzi favorevoli alle famiglie per la produzione di polenta o di pane. Tutta l’attività del magazzino darebbe lavoro a parecchie famiglie e garantirebbe un introito a tutti gli agricoltori.

Nel progetto c’è spazio anche per attività formative per gli agricoltori stessi e per creare un fondo in caso di malattia o di incoraggiare la coltivazione e la sistemazione dei terreni.

La Caritas diocesana crede molto in questo progetto, insieme a don Levi e la gente di Ka-Philippe. Su 17 comunità che formano la parrocchia, ben 14 sono coinvolte direttamente nel progetto, con più di 200 coltivatori già attivati e pronti a rispondere all’iniziativa.

I costi previsti sono come minimo sulla cifra di 25.000 euro, ci attendiamo una bella risposta dalle nostre parrocchie ambrosiane che hanno scelto questo progetto come iniziativa caritativa del tempo di Avvento, ma si conta di trovare anche qualche altra risorsa per garantire la piena realizzazione del progetto e della sua gestione.
In questi giorni si sta provvedendo ad iniziare la costruzione dell’edificio (circa 10.000 euro) e il reperimento dei macchinari utili (almeno 10.000 euro), per poi passare ai costi di avvio della produzione con l’acquisto della manioca, l’assunzione di operai operaie…

 

Schizzi dell’edificio da realizzare

Come si può intuire dai disegni, l’edifico sarà molto semplice, dalle dimensioni di mt 12 x 7, con due lati porticati, un ufficio, un deposito

dav

materie prime, un deposito prodotti pronti per la vendita, una grande sala per la lavorazione che conterrà i macchinari e il forno per la cottura, un servizio igienico, una cisterna per la raccolta dell’acqua piovana nelle fondamenta, il

tetto in lamiera.
Contiamo di realizzare la costruzione restando nella cifra di 12.000 dollari US.
PROGETTO CASA PARROCCHIALE

Il progetto per costruire la casa parrocchiale e centro accoglienza di Ka-Philippe chiede ora di entrare nella seconda fase per arrivare alla sua completa realizzazione. L’urgenza per completare l’opera è anche dettata dall’arrivo di un altro sacerdote Fidei Donum don Erve che affiancherà don Levi ed è già presente ad Haiti e che per ora resta di base a Mare Rouge per conoscere meglio la lingua locale, ma da fine gennaio sarà in pianta stabile a Ka-Philippe. Ogni tanto però trascorre già qualche giorno anche a Ka-Philippe per visitare la parrocchia e organizzare il futuro lavoro pastorale con don Levi. Inoltre è ancora più forte l’esigenza di offrire accoglienza ai gruppi di volontari che sempre di più chiedono di venire in missione per offrire il loro servizio e la loro solidarietà

Il lavoro svolto finora è stato lo smantellamento delle parti inutili del precedente edificio pensato come officina meccanica, il consolidamento di quanto rimaneva e di utilizzabile, la creazione di altri spazi con nuove fondazioni e una primo livello di costruzione per arrivare alla soletta. Si è creata la strada di ingresso per l’accesso ai cortile e al garage. Sono state già scavate le fosse perdenti per lo scarico di bagni e toilette. Nella struttura sono già stati predisposti gli impianti idraulici e quelli elettrici. E’ stata realizzata e finita una delle due cisterne previste per la raccolta dell’acqua piovana. Per circa mezza costruzione è già stata realizzata la soletta superiore in cemento armato.

In questa seconda fase bisogna finire la soletta nella parte restante della casa, soprattutto nella zona delle camere. Sono da realizzare i portici, la struttura in travi di legno e la copertura del tetto in lamiera, i pavimenti, la piastrellatura di pavimenti e bagni, la collocazione dei sanitari. Manca di scavare un dei tre pozzi perdenti necessari e ultimare la loro copertura in cemento e la connessione ai sanitari. Manca di finire una delle cisterne (quella che servirà al servizio cucina) e di portare a termine il sistema idraulico e quello elettrico. L’energia elettrica sarà fornita da una decina di pannelli solari (già in possesso) che alimenteranno 16 batterie e un generatore di corrente a benzina o diesel. Poi c’è da procurare l’arredamento per le 5 stanze, le tre sale, la cucina e i due depositi.

Per i lavori vengono impiegati quotidianamente circa 20/25 operai più 5 capomastri esperti e un direttore dei lavori. Un manovale costa 400 HTG al giorno (4,5 €), un capomastro 800 HTG (9,5 €), il direttore lavori 1200 HTG (13,5 €). In più si da mangiare e da bere a tutti con un costo di 70 HTG a testa al giorno (0,90 € c.a). Il trattamento economico è quello che normalmente è in uso in questa zona di Haiti.

Finora sono stati spesi circa 50.000 euro, in gran parte finanziati dalla Fondazione Lambriana con la mediazione del nostro Ufficio Missionario di Milano (contributo di 40.000 € ). Una volta terminati questi fondi ci siamo fermarti per alcuni mesi in attesa di avere altri aiuti.

Per finire di realizzare l’opera occorrono almeno altri 60.000 euro. Alcune varianti necessarie non previste e il lievitare del costo del dollaro americano da cui dipende in gran parte l’economia haitiana e quindi il conseguente aumento dei costi delle materie prime ci ha costretto a rivedere il preventivo originale (circa 85000/90000 dollari) per un aumento di 20.000/25.000 dollari.

Abbiamo chiesto ancora un contributo alla stessa Fondazione Lambriana che ci ha già così gentilmente e generosamente sostenuti in questa e in altre necessità e che ha da  poco deliberato la somma di 45.000 euro. Stiamo chiedendo ad amici e ad altre realtà sensibili alla solidarietà missionaria e sicuramente potranno aiutarci a completare l’opera.

 

AMICI, OLTRE I LIMITI

In questa lunga assenza del contributo sul blog sono passati diversi mesi e nel frattempo sono successe tantissime belle cose di cui parlare con gratitudine. Tra queste però vorrei sottolineare la visita nel mese di luglio del mio parroco di Arcisate, don Giampietro accompagnato da una coppia di giovani sposi, Andrea e Miriam. L’esperienza con i giovani caritas dei cantieri della solidarietà che hanno svolto un servizio di animazione per i bambini dal 5 al 12 di Agosto. Poi dal 23 agosto la visita di mio fratello Carlo con l’ingegnere Bertani Giuseppe. Poi ancora la presenza di due giovani del gruppo missionario “le formiche” di Melzo, Roberto e Lisa, che hanno trascorso con noi quasi un mese. Poi una fugace ma preziosissima presenza di un benefattore e amico di Desio, Ernesto.

Don Giampietro, Miriam e Andrea

Non avevo ancora accolto per così tanti giorni un gruppo di amici italiani. Ero un pochino preoccupato di seguire gli amici, farli sentire a loro agio, malgrado la povertà e la frugalità della situazione. A don Giampietro ho dato la stanzetta degli ospiti, a Miriam e Andrea la mia stanza che ha un lettone ad una piazza e mezza e io ho ricavato una stanzetta provvisoria nel sottotetto della chiesa. Sono stato davvero sorpreso dalla loro capacità di adattarsi e anzi prendere gusto da una vita così semplice e povera di confort. Una vita davvero in comunione, sotto tutti gli aspetti, dalla preghiera ai servizi di casa, dalla condivisione con i poveri al servizio pastorale. Don Giampietro ha dato saggio della sua prestanza fisica giocando e facendo giocare il gruppo nutrito di bambini, bambine e giovani che affollava ogni giorno il pomeriggio della parrocchia. Andrea e Miriam organizzavano e animavano con lui tutte le belle iniziative, dai giochi organizzati alle attività di laboratorio, un vero e proprio GREST ambrosiano riproposto nel cuore dei Caraibi. Miriam inoltre ha utilizzato la sua nota esperienza e professionalità nella musica, per insegnare ai giovani interessati un metodo per suonare utilizzando non solo l’orecchio, ma anche la lettura degli spartiti. Andrea, ha potuto invece mettere a frutto la sua professionalità come infermiere specializzato, curando dei malati, facendo da pronto soccorso per vari incidenti, collaborando con i nostri dispensari. Con don Giampietro (detto “Jampye” ) ho potuto condividere il servizio pastorale, lui stesso ha potuto amministrare dei battesimi con tanta emozione, ed ha superato il limite della lingua riuscendo a proclamare il vangelo della domenica in lingua creola. Uno dei modi di dire di don Jampye durante i giochi, quando sottolineava che si era arrivati al punto finale, match point, è diventato subito e lo è ancora adesso un ritornello durante il gioco. Abbiamo chiamato così, match point, l’iniziativa nata dal dialogo tra noi, di creare un dopo scuola per i bambini, per aiutarli a fare i compiti e svolgere qualche bella attività espressiva. Così, dai primi di ottobre è iniziata l’esperienza con circa 60/70 ragazzi e ragazze che ogni lunedì, mercoledì e venerdì vengono in Parrocchia per studiare insieme, guidati da un professore “Fredo” e un giovane e brillante futuro universitario Jean Michel. Don Giampietro con i volontari del CAG di Arcisate sostiene l’iniziativa

con un contributo mensile

Letizia, Stefania, Serena, Alberto, Meraf, …. Cantieri della solidarietà

La caritas ambrosiana organizza ogni anno dei tempi di servizio per i giovani durante il periodo estivo e quest’anno abbiamo avuto la gioia di averli anche qui a Ka-Philippe. Letizia, che opera a Port de Paix con progetto Kay Chal ha coordinato il tutto ed è stata qui tempo prima per vedere l’ambiente e decidere ogni dettaglio organizzativo e pratico. Così è venuta con quattro giovani che hanno aderito ai Cantieri della Solidarietà: Stefania, Serena, Alberto e Meraf. Non solo, ma con loro sono venuti anche 5 giovani volontari haitiani che collaborano e animano a Port au Prince per offrire assistenza e servizio ai bambini di strada o appartenenti a famiglie disastrate. Qui il gruppo, nonostante le diversità, il problema della lingua e il fatto che non si erano mai incontrati prima, si è amalgamato subito e ha saputo valorizzare l’apporto dei miei giovani animatori presenti nelle due cappelle servite di Moustik e di Boukan Patryot e a Ka-Philippe. Sono stati coinvolti più di duecento tra bambini, ragazzi e ragazze e almeno una trentina di animatori del posto. Ogni giorno divisi in due gruppi, uno a Moustik e uno a Boukan, il viaggio in moto o in Jeep, l’accoglienza, la preghiera, i giochi e le attività e un buon panino con il mamba. Poi a casa per il pranzo intorno alle 13-30. Il pomeriggio animazione a Ka-Philippe dalle 16.00 alle 18.00. Abbiamo trovato posto per loro in una casa vicino alla parrocchia gentilmente prestata da un haitiano che vive in Canada. Alla fine ci siamo lasciati con lacrime di commozione e il grande desiderio che l’esperienza non finisca qui. Ancora oggi, a mesi di distanza, i bambini nominano questi giovani animatori e di certo non li hanno dimenticati.

 

 

 

Carlo e Giuseppe

Che emozione ad avere con me il mio fratellone Carlo. Non avevo dubbi che si sarebbe subito messo in sintonia con la situazione e che avrebbe dato tutta la sua disponibilità per ogni tipo di servizio, e così è stato. Carlo, con sua esperienza di operatore nel campo della meccanica e delle macchine utensili è stato provvidenziale per insegnare ai miei operai haitiani l’uso delle attrezzature arrivate con il container per la parte idraulica degli impianti per l’acqua potabile. Dal filettare i tubi, all’uso del trapano per i fori di passaggio delle viti, al montaggio delle strutture con i morsetti, al taglio dei tubi… Nel tempo libero ha sempre dato spazio al gioco con i ragazzi che lo hanno amato da subito, specialmente da quando gli ha montato il calcetto arrivato come dono della ditta Rosa Sport di Arcisate e gli ha insegnato a giocare, a suon di “mannaggia”… L’ingegnere Giuseppe ha potuto così contare sul suo aiuto formando una coppia di lavoro instancabile e coinvolgente. Il loro arrivo è coinciso con l’arrivo del container con tutto il materiale utile per realizzare il progetto di dare acqua potabile a Ka-Philippe e così, Giuseppe, che lo aveva caricato di persona in Italia, ha potuto aiutare i responsabili locali a conoscere e ordinare il materiale. Le parti più delicate e tecniche sono state stipate in un deposito ricavato da una stanza della nuova casa in costruzione. Con l’ingegnere abbiamo potuto definire tutti i dettagli della realizzazione del progetto, dai vari bacini al percorso dei tubi, dalle stazioni di pompaggio e distribuzione alle postazioni per i pannelli fotovoltaici- I giorni sono stati intensissimi e sono volati come un niente. C’è stato anche il tempo per una visita all’isola della Tortuga dove si sta realizzando un colossale progetto per l’acqua potabile di cui Giuseppe è stato chiesto come consulente ed esperto. Ancora adesso, “Chal” ( Carlo creolo) e “Enjenyè” (ingegniere creolo), sono nominati dalla nostra gente con affetto e il desiderio di vederli ancora presto

Roberto, Silvia ed Ernesto

Se c’è un gruppo che ama superare ogni limite nel poter lavorare con i poveri e per i poveri è proprio il gruppo “Le Formiche” di Melzo. Un gruppo formidabile che prende gran parte della sua forza dal fatto di aver visitato di persona le situazioni che poi sono sostenute dai vari progetti. Così è avvenuto per l’Africa, per il Perù, la Bolivia e ora anche per Haiti. Alcuni giovani e adulti del gruppo scelgono periodicamente di lasciare l’Italia e recarsi per un tempo di un mese, due o anche 6 mesi o un anno intero nelle zone di missione sostenute dalla loro attività. Roberto Rognone, 33 anni, è un esperto di questi viaggi e soggiorni di solidarietà, chiede sempre di raccogliere tutte le sue ferie, anche arretrate, per vivere un mese o due in missione. Lisa Moi, quasi 19enne, finiti gli esami di maturità e prima di iniziare i corsi universitari, ha deciso di fare per la prima volta una esperienza così forte e avventurosa. Sono arrivati a fine settembre per restare con noi fino a fine novembre, ma poi si sono ammalati ed è stato meglio per loro rientrare con un volo anticipato a metà novembre. Lisa ha cominciato ad avere i sintomi di una forma di tifo, mentre una infezione intestinale ha colpito Roberto. La diagnosi ultima per Lisa, verificata dai medici italiani,  è una forma di febbre malarica, la dengue, generata dalla puntura di zanzare infette. Mi è dispiaciuto moltissimo per loro che ormai provavano una grande gioia e pienezza di cuore nello stare tra la nostra gente haitiana e servirla secondo le proprie attitudini e capacità. Roberto ha cercato subito di darsi da fare, come suo costume, con i lavori pesanti, scavare fondamenta, preparare e trasportare il cemento… Ha così dato una bella mano nella costruzione del bacino di distribuzione dell’acqua potabile e nel fare i blocchi per le varie costruzioni. Lisa, aiutata da Roberto, si è dedicata all’animazione dei bimbi, ai laboratori, al doposcuola e all’insegnamento dell’italiano ad un gruppo di responsabili della comunità. A parte una certo impaccio iniziale, hanno poi saputo inserirsi nella vita di tutti, cercando anche di partecipare alla vita quotidiana della gente, dal fare il bucato, al fare da mangiare nel metodo haitiano, all’andare a prendere l’acqua con l’asinello… Ogni tardo pomeriggio il cortile si animava con la presenza di bimbi e ragazzi, ma anche in casa non ci davano tregua, una vera full immersion di umanità. Un giorno Lisa ha detto con tutta la sua bella spontaneità “sono proprio felice di essere qui” ed è stato per me un grandissimo dono. Purtroppo poi, dopo il primo mese, Lisa ha cominciato ad accusare fastidi nella digestione, a perdere appetito e ad avere la febbre… Sembrava una cosa che dovesse passare, ma invece persisteva e diventava più preoccupante. Anche Roberto ha preso la febbre e ha accusato problemi nella digestione, senso di vomito… Li abbiamo portati dal medico, giù in paese, a Jean Rabel che dopo averli visitati e fatto qualche esame (non così attendibile a quanto pare) ha diagnosticato che avevano preso una forma di Tifo. Da casa, appena saputa la notizia hanno chiesto di organizzare al più presto il loro rientro. Così è stato, ma prima grazie ai contatti con un medico italiano e la Fondazione Rava abbiamo potuto portarli all’ospedale della fondazione a Port au Prince per le cure necessarie a ristabilirli e metterli in grado di viaggiare in aereo. Il papà di Lisa, Massimiliano, ha fatto il viaggio dall’Italia per venire a prenderli a Port au Prince e accompagnarli fino a casa.

 

Con lo stesso volo di ritorno anticipato è salito anche il nostro grande amico di Desio, Ernesto Colombo che era venuto ad Haiti solo qualche giorno prima per stare con me fino a metà dicembre. Doveva essere in compagnia con il dottor Maurizio Ostaldo che però è rientrato subito il giorno dopo il suo arrivo anche lui per una precauzione medica riguardo un disturbo accusato durante il viaggio. Ernesto l’ho conosciuto nel mio primo incarico dopo l’ordinazione come prete dell’oratorio maschile BV Immacolata di Desio. Lui era tra i papà che avevano formato un gruppo di volontari per la manutenzione e i lavori in oratorio. Ha sempre dato molto per aiutare le missioni e ora, saputo del mio compito ad Haiti, ha scelto di dedicarsi anche al sostegno dei nostri progetti. Solo per qualche giorno quindi, ma ha volentieri partecipato alla vita di Ka-Philippe e ha almeno potuto intravedere il tipo di situazione in cui viviamo e rendersi conto delle varie necessità. Il suo primo scopo era di verificare lo stato dei lavori per l’acqua potabile, un progetto finanziato anche dagli amici di Desio. Ernesto è stato tante volte in Congo dove ha sostenuto per anni una missione dei Saveriani che hanno a Desio la loro casa provinciale. Vedendo la situazione del nostro nord ovest di Haiti ha detto che non ci sono paragoni, che a parte alcuni aspetti simili, la situazione haitiana è davvero più grave e che ammira ancora di più il mio coraggio di stare e operare qui. Sigh, anche Ernesto ha mostrato qualche sintomo di febbre, per di più, sin dall’inizio aveva accusato un fastidioso dolore al ginocchio che gli ha impedito di camminare come avrebbe voluto. Così abbiamo deciso era meglio per lui rientrare con lo stesso volo di Roberto e Lisa e non rischiare di dover fare un viaggio da solo e magari non in buone condizioni.

NATALE OLTRE I LIMITI

Ormai il Natale è vicino e nonostante questo, qui l’atmosfera natalizia non si sente per niente. Sfido voi a sentire l’aria natalizia con un sole a 34 gradi, nessun negozio addobbato (perché non ce ne sono), nessuna lucetta intermittente (chi ha la corrente elettrica?) e nessun via vai di affannose compere del regalo all’ultimo respiro (e chi ha i soldi?). Così mi devo sforzare non poco a ricreare nel mio animo un minimo di senso. In chiesa faremo un piccolo presepe davanti all’altare e metteremo delle stelle ritagliate da un cartoncino giallo fatte dai bambini e apprese ad un filo qua e là. Sarà ben partecipata la messa del 24 sera che sfocerà in una danza gioiosa e incontenibile come gli haitiani sanno fare, con cioccolata o te aromatico da distribuire a tutti insieme ad un buon pezzo di pane. Poi tutti a casa, ma niente albero, niente regali…

L’anno scorso, il pomeriggio di Natale, ho preso di istinto la nostra jeep e l’ho caricata di tutti i bambini che potevo e poi abbiamo percorso l’unica strada che collega la parrocchia ad altre nostre comunità e abbiamo cantato a squarciagola il motivo di Jingle Bells sostituendo le parole con il là-la-la-lallà… Mi ero davvero emozionato e con tutto quel coro di angioletti neri e sorridenti, stipati dentro e fuori e così avevo ritrovato il Natale di Gesù.

Mi sa che quest’anno il vero Natale è sempre là, oltre il limite, perché penso che la morte del senso genuino del Natale sia rinchiuderlo nella gabbia del consueto, del ripetitivo gesto di sempre. Non c’è qualcosa che ci stanca nel nostro Natale già programmato, consueto, scontato e limitato? Luci, lucette, regali, leccornie… non bastano vero?

Stiamo per celebrare Dio che ha superato ogni limite per venire a nascere in mezzo a noi, ha voluto mettere da parte la sua scontata onnipotenza (se Dio non è onnipotente, che Dio è?) per farsi piccolo e povero bisognoso di tutto, protetto solo dall’amore di Maria e Giuseppe e accolto dal buon cuore di quei poco raccomandabili pastori di cui si dice che fossero anche briganti alla macchia.

Auguri per un Natale oltre il limite, un Natale liberato e libero, da vivere in diretta e non per tradizione e consuetudine. Qui ad Haiti forse è possibile e forse più facile e  in ogni caso lo vivremo anche per voi, ringraziando e benedicendo tutti coloro che ci donano speranza con il loro aiuto.

Auguriiiiiiiiiiiiii

La-la-la-lallà-lallàaaa, la-la-la-lallalà…..

Pè Levi e le 17 comunità della nostra parrocchia

 

AKOLAD

 

AKOLAD

In lingua creola “akolad” vuol dire abbraccio. Il termine prende spunto dal verbo “kole” che vuol dire incollare, tenere insieme. Avevo chiesto che termine usare per dire l’abbraccio. Infatti volevo esprimere in lingua una bel passaggio di un commento di Ermes Ronchi sull’arcobaleno apparso dopo il diluvio universale. Diceva che l’arco colorato apparso in cielo era segno del nuovo patto di amore tra Dio e la nuova umanità superstite dopo il terribile disastro. Come un abbraccio tra cielo e terra, tra il Signore e questo nuovo inizio di vita sulla terra.

Dicevo alla gente che abbracciare una bella ragazza o un bel ragazzo, un amico o un’amica, la propria mamma o il proprio papà, un nipotina o una nipotino, il proprio figlio o la propria figlia, è facile ed è anche spontaneo. Ma abbracciare un estraneo, uno che non è dei nostri, addirittura un nemico, uno che ti ha fatto del male, uno che non merita il tuo affetto, non è possibile, sembra una cosa contro-natura, ci vuole un amore come quello di Gesù per noi testimoniato sulla Croce. E’ dalla croce che Gesù abbraccia tutti, è dalla croce che scaturisce la forza del perdono. Noi siamo in cammino dietro a Gesù, dietro a questa sua croce, per imparare ad amare, a perdonare, a riconciliare, a trasformare i nemici in fratelli e figli dello stesso Padre… Così a Pasqua, vediamo il Risorto che sembra andare a rintracciare tutti quelli che si erano persi e che avevano perso la speranza in lui, per riabbracciarli. Ho visto un crescere di partecipazione nelle varie celebrazioni della Settimana Santa e soprattutto ho visto i giovani diventare protagonisti del servizio e della animazione

IL PROGETTO DELLA CASA DI ACCOGLIENZA

Parto subito con il presentarvi il grande progetto in corso per la costruzione del Centro Parrocchiale o come amerei dire il centro di accoglienza con gli spazi utili per ospitare diverse persone e per accogliere gruppi e favorire le attività. In questa casa si troverà ufficio e l’abitazione del sacerdote, un grande cucina, una spaziosa sala da pranzo, due sale per incontri, quattro camere per gli ospiti, depositi, cisterne per l’acqua piovana, un garage utile per le manutenzioni dei mezzi (sempre messi alla prova dalle nostre terribili strade), diversi tratti di portici per collegare gli spazi e creare maggiore abitabilità e accoglienza. Quando ero arrivato a Ka-Philippe avevo trovato un grande rudere di ciò che era rimasto di una struttura adibita a scuola professionale per meccanici. Padre Ferdinando, morfortano, di origine tedesca, si era stabilito a Ka-Philippe, nel 1990 e grazie a cospicui fondi di cui disponeva ha realizzato molte opere, tra cui diverse chiese e scuole. L’ambasciata tedesca aveva sponsorizzato la costruzione della scuola per i meccanici e lui aveva aperto una casa di accoglienza per gli orfani.

Dopo il suo ritiro per motivi di età e di salute, il tutto è stato pressoché abbandonato per più di 15 anni andando in disuso e rovina. Il primo giorno che ero venuto per visitare il posto e per rendermi contro della situazione ho trovato alcuni membri del comitato responsabile che probabilmente per incoraggiarmi a dire di sì alla proposta del loro vescovo mi hanno mostrato un mucchietto di rocce ammassate in un angolo. Mi hanno detto che le avevano raccolte loro per la costruzione della casa parrocchiale. Adesso che ci penso, e sono solo a nemmeno la metà dei lavori, ci sono voluti già una decina di camion di quelle rocce per le fondazioni e per irrobustire ciò che dell’esistente era recuperabile. Devo dire che la loro collaborazione poi si è manifestata molto bene nel procurare l’acqua per fare il cemento, la legna per far da mangiare agli operai e l’acqua da bere. Gli stessi lavoratori hanno deciso di decurtarsi una parte della loro paga così sudata per contribuire ad acquistare qualche sacco di cemento. I ragazzi mi hanno chiesto di essere loro a procurare il gravye, cioè i sassi frantumati a mano utilissimi per le colate di cemento sulle fondazioni, i pilastri e il fondo dei pavimenti. E’ stato un modo per poter aiutare le loro famiglie con qualche soldino, ma anche per farli sentire protagonisti dell’opera in corso sentita come una grande dono per tutta la comunità. Ho potuto iniziare i lavori grazie ad un fondo iniziale di 10.000 euro racimolato con diverse offerte giunte dall’Italia. A questo ho potuto aggiungere un decisivo contributo procurato dal nostro ufficio missionario che ha coinvolto la Fondazione “Lambriana” di Peppino Vismara per farci arrivare ben 40.000 altri euro. Per arrivare al completamento dell’opera pensiamo siano necessari almeno altri 35.000/40.000 euro e stiamo aspettando qualche bella risposta. Vi lascio il link per vedere la presentazione di quanto realizzato finora con un bel contributo fotografico e un video….

REALIZZAZIONE PROGETTO CENTRO PARROCCHIALE_U

 

 

UNA MOTO PER SOCCORRERE CHI E’ MALATO

La parrocchia di Opera, nell’agosto 2017, era venuta in visita da noi con il parroco don Olinto, anche lui con una forte esperienza come Fidei Donum in Zambia, mio compagno di ordinazione, e un gruppo di giovani e adulti molto sensibili per le situazioni di missione e di povertà. Nella giornata trascorsa insieme a Ka-Philippe ho avuto modo di presentare la situazione e i vari progetti in corso o in attesa di fondi per cominciare. Hanno scelto di aiutarmi per acquistare una moto e tutto l’occorrente per sostenere il servizio di visite a domicilio da parte della nostra infermiera, miss Shinadine, soprattutto per i malati più gravi, più anziani e lontani dai nostri dispensari. Ci voleva una moto speciale ed ecco che grazie ai soldi inviati da Opera e raccolti nelle iniziative natalizie, abbiamo acquistato la moto (1350 dollari tasse, targa e assicurazione comprese) e dotato Shinadine di tutto l’occorrente per svolgere il prezioso servizio (zaino, medicine, strumenti vari e un aiuto per il compenso mensile). Lei stessa ha imparato a condurre la moto, ma nei percorsi più difficili (che sono la maggior parte) si fa portare da un guidatore esperto. Qui potete ammirare il mezzo e vi assicuro è davvero ciò che ci voleva. Grazie a don Olinto, al gruppo che lo ha accompagnato e a tutti coloro che hanno contribuito.

PROGETTO SALUTE

Sempre per stare nel settore della sanità, come non citare, la presenza del nostro dottor Maurizio Ostaldo che è venuto a trovarci e a stare con noi per un mese, dall’8 dicembre 2017 al 6 gennaio 2018. Così abbiamo potuto anzitutto gustare la nostra amicizia e poi fare il punto della situazione medica per verificare le necessità più urgenti e come dare una mano a migliorare il servizio. Il dottor Maurizio è stato davvero instancabile e si è prodigato in tutto, oltre alle visite di pazienti, a far sperimentare alle nostre infermiere dei metodi più approfonditi ed efficaci di diagnosi delle malattie con l’utilizzo di nuovi strumenti portati dall’Italia (microscopio, test per la malaria, l’emoglobina, la sorprendente sonda portatile per l’analisi di organi e tessuti interni, …) ha trovato il tempo per riordinare gli ambienti medici, di costruire scaffalature da ottimo falegname fai da te e per non parlare della sua passone per le coltivazioni da giardino che lo ha visto tentare di piantare pomodori, zucche, meloni e quant’altro. Nonostante la bravura di Maurizio, di tutto ciò che è stato piantato stanno crescendo timidamente solo le zucche e l’aglio. Come già lui stesso ipotizzava non era il clima e la stagione adatta per gli altri prodotti… Ma tentare va sempre bene, mai perdersi d’animo. Il tempo è così volato via e adesso dall’Italia Maurizio sta vedendo come raccogliere qualche fondo per garantire una presenza settimanale di un dottore haitiano della zona. Questo medico, oltre al visitare i pazienti, potrà recensire i casi che meriterebbero una operazione chirurgica. Si ipotizza che in un prossimo futuro si possa coinvolgere qualche altro medico italiano a venire ad operare gratuitamente e ad utilizzare le due sale operatorie disponibili presso l’ospedale dei Camilliani a Port Prince. Il dottor Maurizio le ha ispezionate e trovate in ottime condizione e sufficientemente attrezzate. Così noi potremo sfruttare al meglio il poco tempo a disposizione dei medici che verranno, inviando in capitale i pazienti già monitorati e schedati secondo le patologie e il loro grado di urgenza. Molta gente soffre, e non trova soluzione al suo male, proprio perché non si può risolvere il problema alla sua radice con il necessario intervento chirurgico. Così, per motivi di povertà economica, si continua con il palliativo e spesso abusato uso dei medicinali, soprattutto degli antibiotici. Per non parlare di tanta gente, che ancora oggi, si rivolge agli stregoni, al mondo della magia, delle fatture e dei sortilegi tipici del voduismo. C’è da riconoscere che in mezzo a tutto questo c’è anche la presenza di una buona tradizione legata all’uso delle erbe naturali e ai rimedi tramandati da secoli che hanno comunque un loro valore, ma davvero insufficienti e illusori per molti casi gravi.

PROGETTO ACQUA POTABILE

Un altro grande progetto che ci sta impegnando è quello di far arrivare l’acqua potabile a Ka-Philippe. La sorgente più abbondante e utile al progetto è quella di Kabonet che si trova in basso ad un dislivello di 300 metri e una distanza da percorre di 3 km abbondanti. Ho riassunto il progetto nel pdf che potete consultare qui. Abbiamo un fondo che è un contributo mandato dalla sezione Alpini di Varese in collaborazione con il gruppo alpini di Arcisate. Purtroppo alcune emergenze causate dagli ultimi cicloni di settembre e dal periodo di forte maltempo di gennaio, hanno chiesto di attingere a questo fondo riducendo la quota a disposizione per costruire l’acquedotto. L’associazione Filomondo di Abbiate Guazzone con l’interessamento speciale e appassionato dell’ingegnere Giuseppe Bertani sta provvedendo all’acquisto del materiale e al suo invio con un container (un regalo da 30.000 euro). Lo stesso ing. Giuseppe aveva fatto il sopralluogo sul posto per verificare la fattibilità e per progettare il tutto. Verrà a trovarci ancora appena sarà risolto il problema dell’invio del materiale. Una cosa molto bella è l’aiuto che ci hanno offerto gli haitiani di Ka-Philippe che lavorano all’estero, soprattutto in Florida e in Canada. Stanno facendo una sensibilizzazione e una raccolta di fondi per lo scopo. A Desio, un gruppo di amici, con Ernesto, Mariuccia, Peppo, Carlo, il dott. Maurizio e altri che conoscerò meglio quando li incontrerò a maggio,  si stanno muovendo per raccogliere i fondi che occorrerebbero per i lavori sul posto (costruzione bacini di raccolta, stazioni di pompaggio, stesura dei tubi, punti di distribuzione…). Trovate qui il loro volantino

Progetto Acqua Potabile Ka-Philippe con foto

Volantino degli amici di Desio per la raccolta dei fondi
VOLANTINO INIZIATIVA RACCOLTA FONDI

PROGETTO MANIOCA

Infine, tanto per stare solo sui progetti più grossi e importanti, stiamo progettando insieme alla nostra Caritas Ambrosiana, per diretto coinvolgimento del responsabile dell’America Latina e Centrale, Davide Boniardi, un intervento che favorisca lo sviluppo agricolo e in particolare valorizzi e i incoraggi la coltivazione della manioca che trova a Ka-Philippe e dintorni il suo habitat naturale. Questa coltivazione resiste meglio ai capricci del tempo e ai periodi di siccità e offre un prodotto dalle diverse potenzialità nutritive. Si prevede di costruire un centro per la raccolta e trasformazione della manioca in farina e con questa produrre la cassave, una specie di pane-focaccia molto apprezzato dalla popolazione. Occorre costruire un magazzino e acquistare i macchinari più adatti. Intanto la Caritas di Port de Paix ci sta seguendo negli incontri di formazione, grazie alla presenza delle nostre due operatrici Chiara e Francesca e un agronomo haitiano della stessa Caritas locale che conosce bene questo tipo di intervento avendolo realizzato in altre situazioni e zone di Haiti. Si sta sensibilizzando la partecipazione di tutti i coltivatori della zona perché riprendano fiducia nel coltivare il prodotto tipico della regione che rischiava di essere abbandonato proprio per la difficoltà della sua lavorazione e trasformazione. Si sta indagando presso i vari centri possibili, nelle varie località e città, per verificare lo spazio di vendita e la domanda di mercato che sembra comunque molto promettente. Con questo progetto, oltre a valorizzare la coltivazione più tipica della zona, daremo lavoro a molte persone e un vantaggio economico e sociale per molte famiglie. Era nato come un progetto per la sola località di Ka-Philippe, ma ora vede coinvolte anche le altre cappelle e le altre comunità più piccole che hanno risposto all’appello. Penso che questa attività con la manioca sarà anche un ottimo strumento pastorale per cementare l’unità tra tutti i miei fedeli così sparpagliati in tutte le direzioni. Ho la grazia di avere qui l’operatrice Caritas Francesca Brufani che da Mare Rouge viene regolarmente a Ka-Philippe, a volte per più giorni, per aiutarmi sui vari progetti Caritas in corso e per coordinare il tutto con la Caritas di Milano e quella diocesana dove opera Chiara Catenazzi, l’altra nostra operatrice che risiede a Port de Paix.

GRAZIE A TUTTI E A TUTTE VOI
Colgo l’occasione per ringraziare tutti coloro che nelle varie parrocchie e gruppi continuano a prendersi cura di questa nostra missione ad Haiti: Arcisate, Brenno Useria, Melzo, Desio e Zibido San Giacomo e le associazioni come Levhaiti di Arcisate, Mooving for Africa di Melzo e il “mio” adorato gruppo missionario “Le Formiche” di Melzo. Grazie alla mediazione di don Giuseppe Grassini abbiamo anche la possibilità appoggiarci alla associazione onlus “Sguardi” di Monza (www.sguardionlus.it) per chi volesse fare una offerta detraibile dalle tasse (vedere sezione come aiutare).

 

DON ANTONIO E MONS. MARIO…. 

Ho un grazie e un augurio speciale da fare a don Antonio Novazzi, responsabile dell’ufficio missionario diocesano, che il Giovedì Santo ha ricevuto la nomina come Vicario Episcopale per la Zona VII di Sesto S.Giovanni. Ci unisce una grande e sincera amicizia e credo proprio che saprà servire con amore e competenza una zona così complessa e vivace e che don Antonio conosce bene, come conosce bene tutti i nostri sacerdoti che operano nell’hinterland di Milano. Nei giorni scorsi  era  in viaggio per Cuba dove da non molto tempo è iniziata una nostra nuova presenza di Fidei Donum.  Il nostro nuovo Arcivescovo, Mons. Mario Deplini, ha voluto fare questo viaggio con lui mostrando il suo profondo e attento spirito missionario. Ci sarà poi da trovare un degno successore di don Antonio e preghiamo lo Spirito Santo per chi sceglierà per noi.

STORIE

JOHN LOVE, CHIERICHETTO E POI….

Ho tante storie da raccontare e tutte prese dalla vita quotidiana della gente di qui. Tante volte mi dico “adesso la scrivo per non dimenticarla” e poi il tempo passa… Tra le tante ecco quella di Johnlove, un chierichetto del folto gruppo che rende servizio in parrocchia. Lui però è davvero speciale.

Johnlove è un chierichetto di 12 anni che ama il suo servizio e non manca mai di essere presente ogni mattino alla messa delle ore 6.00, sia se tocca a lui servire come turno, sia come semplice fedele. E’ un ragazzino molto educato e rispettoso, non ha mai chiesto nulla come fanno spesso gli altri, né caramelle, né regali, né materiale per la scuola, soldi per le scarpe o altro. E’ un ragazzino che tutti stimano e più di qualcuno dice che potrebbe avere la vocazione a diventare sacerdote. A casa è sempre disponibile ad aiutare, ad andare a prendere l’acqua con l’asinello giù in basso alla vallata dove c’è la sorgente o andare ad accudire gli animali al pascolo. A scuola è sempre attento e non trascura lo studio e di fare i compiti a casa. In parrocchia viene spesso, quando è libero, per giocare a calcio o stare con gli altri ragazzi

Abbiamo aiutato la famiglia nel realizzare il progetto della propria casa da costruire nuova dopo il disastro dell’uragano Matthew, così come abbiamo aiutato tante altre. Il papà è spesso in capitale per il lavoro, la mamma si dà fare con un piccolo commercio e nel lavoro dei campi.

Un giorno John è caduto dall’asinello a causa di uno slittamento sul sentiero che percorreva per portare l’acqua a casa. Cadendo ha battuto la testa perdendo momentaneamente i sensi. Per fortuna c’è chi lo ha visto cadere e da dato l’allarme. A casa si è ripreso un pochino, ma sembrava avere la vista annebbiata e provava un forte dolore alla testa. Lo abbiamo portato subito all’ospedale di Jean Rabel con la nostra jeep. Il dottore che lo ha visitato non ha riscontrato problemi particolari. Per alcuni giorni ci ha tenuto in apprensione perché non riusciva a mangiare, aveva una forte emicrania, mancava di equilibrio… Siamo stati a trovarlo di frequente, pregando per lui. Poi, giorno dopo giorno, si è ripreso e ora lo vedo fedele come sempre venire a Messa ogni mattino. Ho però notato che stranamente non faceva più la comunione e allora gli ho chiesto come mai e se avesse bisogno di una confessione. Si è presentato un pomeriggio per chiedere di essere confessato e assolto. Il problema che secondo lui gli impediva di fare la comunione era il fatto di essere stato da un boko, uno “stregone” voodoo per cercare dei rimedi nel periodo che stava male. In effetti questo non è buono per chi è credente e cattolico e inoltre si tratta spesso di personaggi che sanno approfittarsi della buona fede della gente e chiedono molti soldi per i loro riti e le loro pozioni guaritrici. Se John ci è andato non è perché lo ha voluto lui, ma è perché la sua famiglia lo ha deciso e non si è fidata del valore dei farmaci dispensati dal dottore e dalla nostra infermiera. Qui da noi c’è ancora un forte legame con l’antica religione voudou e i boko sono ancora rispettati e ricercati. Molti cattolici, non lo mostrano apertamente, ma non hanno mai lasciato del tutto certe tradizioni ufficialmente proibite. L’ho tranquillizzato, assolto e il sorriso è tornato a fiorire sulle sue labbra.

L’altra mattina, la pioggia cadeva abbondante e io ho tentato di avvisare la gente per la Messa suonando come sempre la campana alle 5.30. Sapevo che probabilmente non avrei avuto fedeli, viste le condizioni del tempo e dei sentieri pieni di fango. Si è però presentato John, tutto inzuppato, il solo che è venuto. Abbiamo aspettato un quarto d’ora e poi ho deciso di lasciare perdere e di rimandare a casa John prima che si ammalasse di nuovo bagnato com’era. La sua casa dista a circa mezz’ora di cammino dalla chiesa. Abbiamo però scambiato due parole e gli ho detto se per caso sentiva nel suo cuore il richiamo a diventare un sacerdote. Ha sorriso, ha annuito con la testa. Gli ho detto che per ora c’è tempo per pensarci e pregarci su. Gli ho detto di continuare a voler bene a Gesù, al suo servizio come chierichetto e di voler bene ai suoi famigliari e a tutti. Poi gli ho dato un lecca lecca e gli ho regalato un Ke-Way che avevo portato dall’Italia. Te lo meriti, gli ho detto, perché tu vieni ogni giorno e non ti ferma nemmeno la pioggia. Adesso con questo chi ti ferma più?

 

 

SITELMAN

SITÈLMAN… COSI’ TANTO…COSÌ ELASTICO!

Abbiamo da poco celebrato la nostra Festa Patronale nella ricorrenza della Festa dell’esaltazione della Croce, giovedì 14 settembre. Grandissima partecipazione, veramente oltre ogni previsione. Tutto è stato più grande, più debordante, più forte di come si pensava. Sopra l’altare campeggiava la frase biblica che ha ispirato i giorni di preghiera e di celebrazione: “Bondye te sitèlman renmen te a …” (Dio ha tanto amato il mondo…), presa dal testo del Vangelo della festa, Gv3,16. Ho riflettuto su quel termine “sitèlman”, (“così tanto”) e spontaneamente ho pensato alle magnifiche corde elastiche inviate come dono dall’Italia e ho potuto illustrare alla gente come l’amore di Dio fosse così elastico, così capace di tendersi per riuscire a raggiungere anche i più lontani per tenerli stretti a sé, per salvarli dalle cadute e dalla dispersione del male.

SILTÈLMAN, in missione occorre tanta elasticità mentale e non solo. Nei giorni precedenti la festa c’è stato il solito trambustio di lavori, di preparazioni varie, prove di canto, acquisti ai mercati, imbiancature, decorazioni… Io, da buon ambrosiano fremevo per l’apparente mancanza di tempistica o di organizzazione pratica… almeno secondo la mia logica…. Ma loro hanno comunque fatto tutto e anche bene, secondo il loro ritmo e la loro modalità haitiana, nonostante le mie ansie e le mie pretese lombardo-venete. Un’altra delle cose che faccio fatica ad accettare è il loro non avvisare per tempo, il non dire se verranno e quanti verranno… Così la sera prima della festa, aspettavamo una trentina di pellegrini per dare loro posto per dormire e qualcosa da mangiare, sono arrivati in più ben un centinaio di ragazzi e giovani provenienti dai diversi gruppi Kiwo del territorio. Bella cosa, ma i loro responsabili non avevano detto niente…. Così ho avuto un momento di lampante nervosismo, ma quando l’ho detto ai miei responsabili e collaboratori pensando di vederli in difficoltà questi invece mi hanno dato lezione di una grande elasticità organizzativa nell’assorbire il colpo e nel provvedere a dare posto e mangiare per tutti, aggiungendo dei tappeti da mettere a terra (facendoseli prestare dalle case vicine), restringendo gli spazi, buttando in pentola dell’altro riso, sorridendo ai nuovi arrivati come se niente fosse. Questo, se volete, è anche una caratteristica della società haitiana, almeno qui da noi, tra gente contadina e semplice. C’è posto per tutti, se si vuole. Le famiglie sembrano a noi nel disordine morale perché spesso non c’è un matrimonio che unisce la coppia secondo le regole e ci sono i figli dell’uno e dell’altro, avuti da altre relazioni e poi si aggiungono cugini e nipoti che hanno perso il papà o la mamma o non hanno altro posto per abitare. Sarà un disordine, ma alla fine c’è una elasticità nel gestire le situazioni che permette di dare accoglienza a tutti. A volte il rigore morale o sociale crea barriere, restrizioni, rifiuti e genera emarginazione e solitudine. In genere non è così qui da noi, disordine certo, ma anche una grande capacità di accoglienza.

SITELMAN i giovani hanno collaborato alla preparazione della festa tanto da stupire tutti. Non era mai stato così, di solito era il comitato formato da adulti che provvedeva ai lavori e a tutta l’organizzazione. Mi dispiaceva di non vedere i giovani impegnarsi e dare una mano, senza interesse per la buona riuscita della festa. Sembrava davvero che gli adulti avessero il monopolio e non facessero conto su di loro. In occasione di questa festa la cosa si è invece ribaltata ed è stata la presenza giovanile quella che ha fatto di più. Credo sia stato anche merito dell’investimento fatto questa estate con la scuola professionale organizzata per cinque settimane con corsi di informatica, inglese, cucito, musica e cucina. Hanno partecipato in media una ottantina di giovani, soprattutto per informatica e inglese. Così c’è stato un bel contatto con tanti di loro ed è stato un bel guadagno per la nostra pastorale giovanile e per il senso di appartenenza alla comunità cristiana.

Per finire in bellezza  abbiamo organizzato per tutti i giovani dei corsi , per i chierichetti e alcuni collaboratori una bella gita al mare. Per diversi di loro era la prima volta che vedevano il mare da così vicino e addirittura potersi guazzarci dentro.

SILTELMAN abbiamo celebrato le nostre feste patronali, perché avendo ben 17 comunità nel vasto territorio parrocchiale, ben 14 hanno fissato le date della loro festa annuale proprio in questo stesso periodo dell’estate favorito dalla scarsità di precipitazioni, dalla pausa stagionale del lavoro dei campi (non è tempo né si semina, né di raccolto) e dalle vacanze scolastiche con molti giovani che tornano a casa e ripopolano le comunità. Feste patronali che richiedono continui spostamenti, visite ai malati, tridui di preghiera e celebrazioni dei sacramenti. Da giugno a settembre ho potuto amministrare più di 350 battesimi e almeno 200 prime comunioni. Un periodo davvero intenso e molto appagante sotto il profilo pastorale e che ha davvero chiesto tantissime energie. Forse anche per questo che ho tardato tantissimo nel offrire il contributo sul blog.

SILTELMAN sono stati contenti i nostri bambini e i nostri ragazzi nel vivere una bellissima giornata con i volontari del servizio civile operanti con la nostra Caritas Ambrosiana ad Haiti di cui sinceramente faccio fatica a ricordare i nomi, ma non certo la loro bella testimonianza di affetto e spirito di servizio per i nostri piccoli. Hanno proposto con successo giochi, animazioni e attività tipiche del nostro più classico repertorio dell’oratorio estivo. Hanno potuto notare come i bambini di Ka-Philippe sono facilissimi da gestire, coinvolgere ed entusiasmare, molto di più rispetto ai bambini della capitale. Accompagnava il gruppo la nostra operatrice Caritas presente a Port de Paix, Chiara Aspesi

SITELMAN  l’amicizia non ha limiti e confini che spesso abbiamo gruppi di volontari, giovani e adulti, e di persone che amano vivere la solidarietà con i più poveri che scelgono di vivere le loro vacanze nel venire a trovarci e stare qualche giorno con noi. Si tratta di una scelta coraggiosa e non certo comoda, spesso chiede di correre dei rischi per la salute e l’incolumità, e di affrontare l’avventura di un paese senza strutture, strade e altre belle garanzie da villaggi turistici. Ad Agosto sono passati da noi il gruppo di amici della parrocchia milanese di Opera, guidati dal parroco don Olinto, mio grandissimo amico, compagno di ordinazione, anche lui con alle spalle una forte esperienza Fidei Donum in Zambia. Con loro, come guida haitiana, c’era padre Paul, un sacerdote originario della stessa diocesi di Port de Paix e che è ora ospite da don Olinto per seguire gli studi di Teologia Pastorale nella nostra facoltà di Milano e per poi tornare ad Haiti per compiti formativi e aiutare il presbiterio locale a crescere in esperienza e qualità pastorale.

Avevo avuto modo di conoscere il gruppo in Italia, nell’ultima mia permanenza a maggio 2017 ed ero stato invitato da don Olinto per offrire la mia testimonianza sulla missione ad Haiti. Il gruppo ha potuto visitare in lungo e in largo la parte haitiana dell’isola, con tanti spostamenti in Jeep e visitando parecchi luoghi e comunità. A Ka-Philippe sono venuti sabato 19 Agosto, il poco tempo a disposizione non gli ha permesso di vedere molto, ma quanto basta per rendersi conto della situazione ed essere colpiti al cuore.
Questa visita permetterà così anche di tenere viva una collaborazione con la parrocchia e magari realizzare qualche progetto di cui si è parlato insieme a tavola e non solo. Uno dei progetti è quello di sostenere l’azione a favore della salute, con l’acquisto della moto per le visite a domicilio e di medicine.

SITELMAN il Gruppo Missionario le Formiche di Melzo è carico di passione per lavorare con i poveri e per tenere aperti i confini del cuore che i giovani e i  giovanissimi ne sono attratti e coinvolti. Penso al grande lavoro di volontariato che si prodiga in tanti settori per raccogliere i fondi necessari  ai progetti. Il campo dei sogni continua a far sognare e a quanto pare dalle foto che vedo su Facebook produce frutti buonissimi e genuini.  Rilancio il sogno di venire ad Haiti ad aprire un altro campo dei sogni, insegnando alla gente di qui coltivazioni nuove e più capaci di dare sicurezza alimentare. Il terreno non manca e la nostra parrocchia ne è veramente ricca .

I frutti più buoni poi, non sono solo quelli da mettere in tavola, ma ci sono anche frutti come il giovane Saverio che riparte per la Bolivia e questa volta per 6 mesi. Gli auguro tutto il bene possibile e di tornare a Melzo con tanta carica missionaria da contagiare tanti altri giovani a credere nel dono della vita e nella solidarietà.

Vi seguo da oltre oceano, ma il mio cuore è sempre lì con voi, in modo speciale per questa prossima Giornata Missionaria.

 

 

 

 

 

 

 

SITELMAN il gruppo degli alpini di Arcisate vogliono bene alla nostra missione di Haiti che hanno scelto di adottarci con le loro iniziative di solidarietà. Addirittura il gruppo corale alpino delle Orobie, che mi ha regalato il calice da Messa di don Bruno e che sto usando ogni giorno da quando sono tornato dall’Italia, ha in programma di dedicare ad Haiti il ricavato delle manifestazioni canore programmate per l’anno e non solo. La sezione di Varese, inoltre mi ha già inviato da tempo il prima tranche di 10.000 euro che mi aveva promesso e intende inviare ancora una cifra simile prossimamente. Grazie a questi contributi potrò realizzare il sogno d dare l’acqua potabile alla popolazione di Ka-Philippe in collaborazione con Filomondo  (grazie sempre al contatto diretto e appassionato con l’ingegniere Bertani Giuseppe di Abbiate Guazzone) che ci invierà la gran parte del materiale necessario. Ormai c’è una bandierina tricolore degli alpini italiani ben piantata nel nord ovest di Haiti, in prima linea per combattere la povertà e garantire un futuro migliore a tutti.

SITELMAN la luce è vita. In Italia, salvo qualche momentaneo black out non abbiamo l’idea di cosa significhi vivere senza energia elettrica, senza luce nelle case e nelle strade. Il fatto di mettere un pannello solare con batterie e inverter che permetta di ricaricare il telefono o la lampada a led per la notte cambia la qualità della vita delle persone. E’ proprio il caso di dire che dove c’è luce c’è la vita. Il telefono da ricaricare non è solo un problema di fare delle chiamata e di conversare con amici e parenti, è anche il solo mezzo per ricevere notizie dal mondo, sentire la radio, vedere delle immagini e dei video. Qui non esiste la televisione, se non a prezzi proibitivi (nemmeno io l’ho ancora istallata) per via della parabola, del sistema di abbonamento e dell’energia. Il contatto con il mondo, anche per vedere l’ora del giorno, resta il telefono cellullare. Inoltre, grazie all’energia di questi pannelli la gente può ricaricare le lampade a led per avere la luce a partire dal tramonto e al mattino presto quando tutti si alzano che è ancora buio. La qualità della vita è certamente cambiata. I giovani così possono anche avere più tempo per leggere e studiare per la scuola. La giornata diventa più lunga e le relazioni famigliari e sociali più facili.

In parrocchia ho da tempo istallato un sistema di 5 grandi pannelli solari che danno energia per il funzionamento della casa e della chiesa. In una sala ricostruita abbiamo messo a disposizione molte prese per permettere la ricarica gratuita alle persone della comunità.

Inoltre, a questo proposito, devo dire un immenso grazie per il contributo degli amici dell’Urbs Franciscana, una Onlus persegue finalità di solidarietà sociale. Ha come scopo fondamentale la costituzione di un movimento globale apolitico e apartitico basato su principi di solidarietà, giustizia, equità e partecipazione, orientato al raggiungimento di due obiettivi di lungo periodo: riduzione dell’impatto dei cambiamenti climatici e lotta contro la povertà nel rispetto della dignità umana.un gruppo di volontari animati dallo spirito francescano e ispirati dal ministero di Papa Francesco che ho conosciuto grazie ai coniugi Simona Fantini e Marco Pezzaglia (che è consigliere della fondazione) di Melzo che hanno inserito il progetto per la mia missione dentro il quadro delle loro iniziative benefiche (vi consiglio di visitare il loro sito: http://www.urbsfranciscana.org/), soprattutto nel campo delle risorse

energetiche per le popolazioni più povere del mondo. Con il loro contributo abbiamo fatto ben cinque altre istallazioni nelle altre comunità più numerose dopo Ka-Philippe, come Gran Falez, Boukan Patriot, La Bellèe e Moustik che permettono anche a loro di ricaricare i telefoni, dare luce di notte in casi di emergenza colera o ricoveri urgenti nei dispensari, di offrire la ricarica di apparecchi per il suono e la musica utili per la scuola e l’animazione. Per ogni installazione abbiamo messo un pannello da 280 whatt, un inverter, un regolatore, prese, interruttori, circuiti di filo per far arrivare la luce e le prese dove occorrevano. Abbiamo pagato i due tecnici e provveduto al trasporto. Così la somma inviata è stata spesa tutta e bene con la gioia di queste sei comunità beneficiarie.

SITELMAN gli amici di Arcisate avevano raccolto e inviato tanti generi di grande utilità che l’ultima parte del materiale è arrivata con i container del mese di agosto. La raccolta era stata fatta prima di fine Aprile e tutto il materiale portato alla sede di Torino della congregazione dei Camilliani che hanno un continuo invio di materiale per il loro ospedale di Port au Prince e che gentilmente, da anni, collaborano con noi nel riservarci alcuni spazi gratuiti nei loro container. Così tanto ben di Dio da distribuire e da utilizzare che ha riempito ancora due camioncini. Ancora tante biciclette, cibo, materiale per la scuola, vestiti, macine manuali per il mais, giochi, materiale sanitario…

In questi giorni ho già visto le foto dell’enorme lavoro che gli amici dell’associazione Levhaiti di Arcisate, Brenno e dintorni stanno svolgendo per la nuova raccolta di materiale da spedire. Già radunati ben sette bancali di ogni ben di Dio, addirittura ancora 30 biciclette, 12 brandine (utilissime per i bambini e le persone anziane che dormono sul pavimento di terra battuta) e 60 materassini da campeggio… Spero che il tutto trovi spazio al più presto nei container che verranno spediti a fine mese o nel prossimo viaggio prima di Natale.

SITELMAN ci volete bene che le occasioni per aiutarci e i modi per farlo si moltiplicano. In questo momento penso a Peppo che con il Mooving for Africa si sta prodigando per raccogliere i fondi e per sensibilizzare gli amici. L’ultima trovata “pepponiana” è stata quella proposta in occasione della recente festa Patronale dei Ss. Siro e Materno di Desio. Si tratta della “matithaiti”, una matita ecologica, biodegradabile che una volta consumata abbastanza per scrivere e disegnare, può essere infine piantata in un vaso e produrre con i semi contenuti nel suo fondo una bella piantina ornamentale. Lo slogan dice “vuoi aiutare la missione di don Levi ad Haiti? Allora piantala!!!”. Peppo e company hanno proposto questo gesto anche in occasione della rappresentazione teatrale del gruppo che ha devoluto il ricavato utile della serata che animava la festa patronale per la nostra Missione. Approfitto per dire ancora grazie al nostro grande amico e benefattore, il parroco di Desio, mons. Gianni Cesena sempre calorosamente e sinceramente disponibile a favorire le attività di animazione e solidarietà per le missioni.

SITELMAN ci voleva bene il nostro caro Vittorio Ramponi, un affetto alimentato dall’amicizia e dal ricordo degli anni vissuti insieme nell’oratorio maschile Beata Vergine Immacolata di Desio. Lo ricordo come un ragazzino intelligente, sensibile e servizievole, un chierichetto fedelissimo e motivato. I suoi occhi stupendi ed il suo sorriso, sono ancora stampati in mente anche dopo quasi trent’anni dal mio servizio come coadiutore a Desio. Purtroppo la tristissima notizia della sua morte assurda avvenuta il 30 agosto, a soli 39 anni di vita,  mentre viaggiava in moto per tornare a casa. Era su un cavalcavia e dalla strada sopra di lui è caduta la ruota persa da una macchina d’epoca che lo ha colpito in pieno. Una fatalità veramente crudele ci ha così privato di una persona stupenda e lo ha strappato dalla vita della sua cara moglie e delle sue due bambine e del suo carissimo fratello Roberto.  Non ho potuto fare altro che unirmi al dolore della sua famiglia, a quella dell’immensa folla che ha gremito la Basilica di Desio e celebrare per lui una bella Messa a tamburi suonanti perché come mi insegnano i credenti haitiani l’amore di Dio ci assicura che c’è una festa della vita che ci attende ed  bene entrarci con il passo danzante di chi ci crede.

Finalmente dopo quasi tre mesi, tanti tentativi andati a vuoto per mancanza di tempo e di connessione, ecco fatto! Riprendiamo a comunicare e per adesso finisco così anche se avrei una montagna di cose da dire e da presentare. Mi metto subito d’impegno per la prossima puntata…

Un abbraccione a tutti, buona Giornata Missionaria a tutti.

Pè Levi

 

GRAZIE ITALIA

GRAZIE ITALIA

 Sono tornato da qualche giorno e tento di mettere per iscritto il racconto del mio recente viaggio in Italia così intenso e vorticoso, quasi come essere stato dentro il cestello di una lavatrice in centrifuga. Avevo programmato tante cose, tante visite, tante iniziative… e poi ne ho potuto vivere solo la metà e in compenso ci sono state tante sorprese e tanti altri incontri felicemente non previsti… Tutto sommato ho percorso 3500 km in lungo e in largo per la diocesi per rispondere alle richieste di testimonianze o di celebrazioni o per presenziare ad eventi organizzati per raccogliere fondi e sensibilizzare.
La qualità più bella, l’elemento unificante in tutto questo marasma è stato il segno dell’amicizia. Tutti coloro che si sono mossi per aiutarmi nella missione lo hanno fatto a partire dalla storia della nostra amicizia, in nome di una relazione che ci ha unito a suo tempo grazie al mio ministero come sacerdote o semplicemente per il tratto di strada percorso insieme.
Quest’anno avevo con me Padre Zaccaria, il parroco della parrocchia di Jean Rabel dal cui territorio è stata ricavata la mia nuova parrocchia di Ka-Philippe. Siamo grandi amici e si collabora per il servizio a tutta la zona e ho ricambiato la sua grande ospitalità invitandolo in Italia. Naturalmente per lui è stata un esperienza straordinaria e non finisce più di ringraziarmi. Purtroppo è restato in Italia poco più di 15 giorni ed è dovuto rientrare per motivi pastorali. Ha però avuto l’occasione di trascorrere qualche giorno a Roma presso la comunità dei Monfortani.

Stavo per stampare un foglio ed ecco che mi ritrovo una bella lucertolina piazzata sul piano di ingresso dei fogli. Il bello è che non voleva andare via… Si vede che voleva sfidarmi con il tridimensionale… In effetti sarebbe bello avere stampanti che riproducono in 3D animali veri come le caprette ad esempio, così ne avrei da dare a tante famiglie ancora restate senza. Comunque il miracolo della comparsa di nuove caprette vere e belanti si è già realizzato grazie all’aiuto di tanti di voi e invece di marchingegni elettronici si è trattato di cuori sensibili e carichi d’amore. Così ora possiamo duplicare perché la famiglia che ha ricevuto una capretta ha promesso di dare il primo capretto nato ad un’altra famiglia che a sua volta farà altrettanto…. 100 caprette ne daranno altre cento, e queste altrettanto… molto meglio di una stampante a 3D….
Abbiamo fatto una prima riunione con tutti i beneficiari delle caprette già donate, circa un centinaio… Le caprette stanno bene e alcune sono già in stato interessante…. Purtroppo qualcuna si è ammalata ed è morta a causa della mancanza di scrupoli di alcuni venditori che hanno usato il trucco del bicarbonato. Facendo assumere del bicarbonato alle caprette queste si gonfiano, sembrano più grosse e si vendono ad un prezzo più alto. Poi, una volta portate a casa mostrano inappetenza e dolori allo stomaco e solo alcune si possono salvare se curate per tempo. Bisogna allora considerare un dieci per cento di perdite sul gruppo iniziale…

GRAZIE ARCISATE E BRENNO

Gli arcisatesi e i brennesi mi hanno dato tantissimi segni di solidarietà, di stima e affetto. Alcuni genitori hanno organizzato una cena di solidarietà al PalaVelmaio gestito dalla cooperativa che ha deciso di donarci lo spazio gratuitamente. I partecipanti erano quasi trecento o forse più e ho potuto vedere come erano tutti legati alla mia storia, per parentele, amicizie e esperienze vissute insieme negli anni giovanili. Ma la cosa che ha stupito di più è stato vedere arcisatesi e brennesi a tavola insieme (eh… eh …). Tra coloro che poi si sono dati da fare a livello organizzativo ho trovato con sorpresa Giulio Magnoni il catechista della mia prima adolescenza e che ora poteva con sano orgoglio vedere in me uno dei suoi buoni frutti da educatore.

Con una certa emozione sto celebrando le Messe in parrocchia con il calice donatomi dal coro alpino Orobica in occasione della serata dedicata al gruppo alpini di Arcisate nel 85° anniversario di fondazione. Era il sabato 27 maggio sera, nella Basilica, l’alpino e mio grandissimo amico Daniele Resteghini, anche lui alpino, che ha presentato con tanta finezza e passione la serata, mi ha fatto chiamare davanti a tutti per donarmi la grossa valigia di metallo contenente tutto il corredo della messa da campo che utilizzava don Bruno, il cappellano militare fondatore del coro e che “è andato avanti” come amano dire gli alpini quando un loro compagno muore e li precede in paradiso. Molto emozionato e preso del tutto alla sprovvista credo di aver balbettato qualcosa sul fatto che il sacrificio di tanti alpini ora può continuare a dare frutto in una delle terre tra le più povere al mondo.

Quando ho mostrato il calice alla mia gente di Ka-Philippe è sgorgato un grande ooohhh da vero coro di montagna e ho cercato di spiegare loro chi sono gli alpini. Ho detto che sono soldati specializzati a combattere sulle montagne e sono gente che ama la sua patria è che è disposta a dare la vita per respingere ogni nemico e ogni minaccia. Hanno combattuto tante battaglie e tanti sono “andati avanti”. Ora, anche in congedo, non smettono di offrire la loro vita per combattere tanti mali di oggi tra cui la povertà dei paesi più sfortunati. Sono dei veri eroi, un esempio per tutti e in Italia sono molto amati e stimati. Tutti gli alpini amano cantare insieme come gli haitiani e alcuni di loro sono veramente bravi come gli alpini del Coro Orobico che ci ha regalato tante cose belle per celebrare le nostre messe e insieme ad un grande aiuto in denaro per le nostre necessità. Così abbiamo dedicato la mia prima Messa del mio ritorno a don Bruno e alla memoria di tutti i nostri amici alpini andati avanti. I responsabili del gruppo alpini di Arcisate con il presidente del gruppo Bini Graziano, mi hanno accompagnato a Varese ad incontrare il presidente della sezione per presentarmi e verificare se una parte del fondo disponibile raccolto per Haiti può essere destinato ai progetti che seguo, in particolare quello per portare l’acqua potabile più vicina alla gente. La collaborazione con noi Fidei Donum di Haiti non è nuova, gli alpini hanno già collaborato generosamente per alcuni progetti a Mare Rouge. C’era molta disponibilità e sincera attenzione e credo proprio che la sezione di Varese potrà continuare a darci una bella mano.

Quest’anno ad Arcisate ho potuto gustare una giornata a Monteviasco (alto luinese) insieme agli amici di Levhaiti. Qui potete vedere un bel video della giornata composto dal nostro Paolo Raccagni. E’ stato davvero bello poter trascorrere una domenica in assoluto relax. Alcuni di noi sono saliti a piedi, altri con la funivia. Il paesino conta circa 5 residenti, ma è molto frequentato da turisti ed escursionisti. Ci ero stato almeno altre due volte, una da giovane con l’oratorio e una da educatore di Seminario con i seminaristi di Venegono. Vi consiglio di andarci se volete gustare un angolo di paradiso, lontano dal caos, immerso nella tipica natura prealpina con vista sulla catena del monte Rosa. Volevo proprio trascorrere qualche ora senza dover correre e guardare l’orologio. Stare semplicemente con i miei amici, con le persone che per tutto l’anno si danno da fare per animare e sensibilizzare la solidarietà verso la nostra missione di Haiti. Abbiamo pranzato al sacco e celebrato la Messa di orario delle 16.00, animandola con chitarre e bel canto, per la gioia dei due Monteviaschini presenti e di una coppia di turisti. Grazie davvero per il bel momento, per il maggio prossimo prenotiamo ancora qualcosa del genere…

GRAZIE MELZO
La comunità pastorale di Melzo mi ha accolto con tanto affetto anche se non ho potuto essere presente come avrei voluto. Il primo appuntamento è stato sabato 6 per il battesimo di Sara, la terzogenita di Diego e Daniela, membri storici del Gruppo missionario “Le Formiche”.  Sabato 20 maggio ho potuto partecipare alla serata del Mission Rock con il concerto dal vivo del gruppo Blascoforever. Ho gustato insieme a don Fabio la pizza fatta con il nuovo forno mobile e ho potuto stare un po’ con gli amici del gruppo delle Formiche tutti straimpegnati nell’animazione e nel servire la gente con le bevande, il cibo e altre buone cose. Ad un certo punto mi hanno chiamato sul palco per dare un saluto e un messaggio. D’accordo con Massimo Bari, il cantante del gruppo e mio grande amico, abbiamo invitato tutti a cantare insieme a noi “Voglio una vita spericolata” proprio per dire che tutti coloro che si prendono cura del prossimo devono avere il coraggio di buttarsi in questa avventura, lasciando ciò che è più comodo e sicuro, spericolandosi nel servizio proprio come stavano facendo gli amici del gruppo missionario che formicolavano alacremente dappertutto per la buona riuscita dell’evento il cui ricavato era destinato proprio per Haiti.
In un’altra occasione, la settimana prima di partire, ho potuto partecipare alla Messa con tutti i sacerdoti nativi o che hanno svolto il ministero per alcuni anni in occasione della festa Patronale del Sacro Cuore… Ho colto l’occasione per incontrare il nuovo parroco don Mauro Magugliani che mi ha ascoltato con grande interesse e si è informato della situazione della missione. Poi ho potuto passare dalle parti del Campo dei Sogni dove lavora il nostro gruppo missionario. Li ho trovati come sempre indaffarati e pieni di energia. Ho visto in diretta persone venire ad acquistare i prodotti già maturati come zucchine, insalata e quant’altro. Don Valerio poi mi ha accolto davvero con tanta amicizia e affabilità, abbiamo cenato insieme e così ho potuto aggiornarmi sulla situazione della comunità. Infine la Messa presieduta da don Mauro e poi un momento di rinfresco con tanti abbracci e saluti.

 

GRAZIE DESIO

Quest’anno sono stato più volte a Desio, il mio primo amore perché è li che ho svolto i miei entusiasmanti primi anni da prete dell’oratorio maschile (Beata Vergine Immacolata) dal 1985 al 1991. Dopo tanti anni devo proprio dire che gli ex giovani di allora (oramai sulla cinquantina o quasi) e i ragazzini e le ragazzine dell’oratorio (ormai adulti e con famiglia) hanno mantenuto un grande affetto nei miei confronti ed è sempre una grandissima emozione tornare per celebrare la Messa o presenziare a qualche evento organizzato per aiutarmi nella missione. Il primo impegno è stato proprio presenziare al matrimonio di Luigi Ciotti che ha chiesto di trasformare ogni regalo per lui in offerte da destinare a diverse realtà da sostenere tra cui anche la nostra missione di

Haiti. Il nuovo parroco, mons. Gianni Cesena è davvero una grande amico, l’ho conosciuto sin dal seminario e fra l’altro ha per anni guidato l’ufficio diocesano di pastorale missionaria. Grande cordialità e disponibilità da parte sua insieme ad una passione per la missione sempre viva e aggiornata. Peppo (Giuseppe Sala) si è fatto in quattro (tanto la stazza c’è eh ..eh….ma niente in confronto al suo cuore) per organizzarmi gli incontri e mantenere vivi tutti i contatti. Un evento che ha superato ogni limite di attesa e di previsione è stato la serata di concerto “Canthaitiamo” con il gruppo dei Beagles che ha suonato musica anni 60 e 70 coinvolgendo tutti i presenti, una marea di folla che ha occupato ogni posto disponibile nella sala teatro il Centro. Il cantante Lorenzo e membro storico del gruppo ha fortemente voluto l’evento coinvolgendo i suoi amici. Con Lorenzo mi ricordo le belle sfide a pallavolo, quando anch’io mi potevo permettere certe acrobazie e certe belle schiacciate. Lui era un fenomeno e io mi impegnavo a non sfigurare. Indimenticabile era stata la 24 ore di volley in palestra. Con commozione, proprio lui in persona, mi ha chiamato sul palco e mi ha regalato una mini palla di Pallavolo con la scritta Beagles come ricordo della serata da portare ad Haiti. Le ACLI di Desio hanno approfittato dell’occasione per donarmi il loro generosissimo contributo come associazione.

Sono tornato a Desio per pranzare con mons. Gianni e poter così scambiare qualche chiacchera sulla situazione ad Haiti e poterci salutare con più calma. Nel pomeriggio dello stesso giorno Peppo mi ha portato nel cremonese per visitare una fabbrica per macchine agricole per verificare la possibilità di realizzare un impianto per la trasformazione della manioca da realizzare a Ka-Philippe (ve ne parlerò in seguito). Abbiamo preso accordi per un tipo di macchina che però è molto adatta alla macina, ma andrebbe corredata con degli accessori per spelare la manioca, lavarla e poi per l’essicazione…. Vedremo….

Infine, l’ultima domenica di Maggio ho celebrato messa nella zona di campagna fuori Desio dove un bel gruppo di amici radunati da dottor Ostaldo Maurizio, con tanti genitori che collaboravano con me in oratorio, con figli e nipoti. Il posto è stato allestito per il ritrovo del gruppo che ama l’escursionismo e la montagna. C’erano i responsabili del CAI di Desio, amici di Maurizio che mi hanno offerto un contributo per Haiti e la disponibilità a continuare una attenzione di solidarietà anche per il futuro. Il dottor Maurizio che ha lavorato tantissimi anni nel reparto rianimazione dell’ospedale di Desio, ora entra in pensione e ha già programmato di venire a stare con me per tutto il mese di dicembre, sia in veste di medico, sia in veste di esperto agronomo….

Sono stato in Caritas dal nostro Davide Boniardi responsabile per i progetti in centro-America e nell’America Latina. C’era da definire il resoconto dei progetti realizzati con gli aiuti inviati in occasione del devastante ciclone Matthew e prevedere i prossimi con il resto dei fondi pervenuti. Anche Davide si è mostrato interessato al progetto per la lavorazione della manioca. Ci siamo lasciati con l’impegno di trovare esperienze già collaudate con le quali confrontarci per fare la scelta più giusta. Inoltre, abbiamo approfondito la fattibilità del progetto che impegnerà i volontari del servizio civile nella zona dove operiamo noi italiani.

C’è stato un momento in cui eravamo presenti in Italia tutti e tre i sacerdoti Fidei Donum italiani di Haiti. Agli inizi di maggio ci siamo trovati in ufficio missionario  incontrare don Antonio Novazzi, il nostro responsabile per un aggiornamento sulla situazione che conosce bene anche perchè è stato più volte a visitarci ad Haiti come nel febbraio di quest’anno. Ho incontrato anche il nostro Vicario Generale Mons. Mario Delpini sempre molto attento e premuroso per noi Fidei Donum. Nello stesso periodo era a casa anche don Giuseppe Noli che ora presta servizio come Fidei Donum nel Niger e ne abbiamo approfittato per vederci e confrontarci sul nostro impegno missionario.

Ho potuto incontrarmi anche con il nostro caro Ingegnere Giuseppe Bertani di Abbiate Guazzone per rivedere insieme il progetto per dare acqua potabile a Ka-Philippe. Il tutto procede, anche se con tempi incerti per via dell’invio del materiale e dei possibili problemi doganali. Ne riparleremo presto qui sul nostro blog

Mi fermo qui, anche se dovrei parlarvi dei tanti incontri personali, di alcune famiglie che mi hanno invitato a casa, di persone che preferiscono fare del bene nella totale discrezione. Sto ricevendo aiuti da famiglie che hanno iniziato un rapporto sul tipo delle adozioni a distanza per sostenere la vita di alcuni tra i bambini più poveri  (progetto Selfina …) o per far studiare dei giovani senza possibilità economiche. Ci sono persone che mi hanno fatto avere il loro aiuto direttamente sul conto e non riesco nemmeno a risalire alla loro identità. So che verranno fatte delle raccolte di generi alimentari e di materiale utile per la vita di qui.  Vi ringrazio ancora per quanto avete inviato e per quanto invierete ancora.

Mi dispiace di non aver visitato altre comunità che mi sono vicine e mi sostengono. Mi  renderò presente in qualche altra forma in attesa di ritornare da voi il maggio prossimo.

SELFINA

Da alcuni mesi ero a Ka Philippe, mi ero prefissato di girare attorno alla parrocchia per conoscere i miei vicini, girare per le case sparpagliate tra la vegetazione e i campi. A non più di 500 mt dalla chiesa mi imbatto in un sorrriso che spunta da dietro una pianta. Era il sorriso irresistibile di Selfina, una bambina poverissima, che non avevo mai visto prima perché non si muoveva da casa e non andava nemmeno a scuola o in chiesa per la vergogna della mancanza di vestiti.
Ho notato che aveva una gambina storta e mi hanno spiegato che era così dalla nascita. Ha un fratellino più piccolo, vive con la mamma e il nonno anziano. Vivono di ciò che coltivano e non sempre mangiano una volta al giorno.
Selfina ha 8 anni e ha frequentato pochissimo la scuola, ed è da almeno un anno che sta a casa perchè non può pagare la quota e tantomeno l’uniforme.
L’incontro con Selfinà e il suo sorriso è stato come un colpo di fulmine… La mia cuoca mi ha aiutato a recuperare dei vestiti nuovi e la biancheria intima. Ho iscritto Selfina alla nostra scuola e gli ho fatto fare l’uniforme. Ho assunto la mamma come donna delle pulizie per la scuola così da farle avere un minimo di contributo. Abbiamo trovato il contatto con un’organizzazione che si occupa delle malformazioni dei bambini e che offre in Haiti un servizo gratuito per procurare apparecchi correttivi. Selfina è stata visitata da una equipe ed è in lista di attesa per l’apparecchio correttivo. Quando l’ho portata in macchina alla visita era la primissima volta che saliva in una macchina e che si spostava da Ka-Philippe.
In vista dell’applicazione dell’apparecchio l’equipe medica ha riscontrato i segni della malnutrizione e ha chiesto di farle bere latte e mangiare cibi pieni di vitamine e proteine. Così abbiamo messo a disposizione una quota mensile per non farle mancare il necessario
Adesso Selfina viene a scuola e partecipa alla Messa. Tutti le vogliono bene e lei è davvero piena di vita.

 

 

Selfina mi ha provocato ad aprire gli occhi e a visitare la mia gente, casa per casa…. Selfina era a pochi metri da me e non l’avevo mai notata. Mi sono chiesto chissà quante Selfinà ho nel mio immenso territorio parrocchiale. Per questo lei è un simbolo, una testimonianza vivente a cui dire grazie per avermi aperto gli occhi e il cuore per intervenire su altre situazioni.  Lei è la prima della serie per questo le sono particolarmente affezionato. Naturalmente sarà fondamentale rendere tutta la comunità più attenta e più sensibile, soprattutto i collaboratori e i responsabili delle varie zone, altrimenti io davvero potrei fare poco e questo tipo di attenzione non avrebbe un futuro. Talvolta si riscontra quasi un sentimento fatalistico, un modo di pensare che sembra dire: “ Amen, è così perché Dio lo ha voluto, che ci possiamo fare?”.

PROGETTO SELFINA potrebbe essere un progetto per il sostegno dei bambini più poveri tra i poveri, un aiuto per cibo, vestiti e la scuola.
Il sorriso di Selfinà è il suo tesoro ed è una sorgente di tenerezza per chi la incontra. Come sarebbe bello se la nostra vita fosse anzitutto un sorriso, nonostante problemi e miserie?
La vita nasce da un sorriso, la vita nuova di Selfina è iniziata quando mi ha sorriso nonostante fossi un bianco e uno sconosciuto.
Sorridi alla vita e la vita ti sorriderà

Che la vita sorrida al nostro piccolo Matteo, figlio di Marco e Valentina, che mi ha reso Granton-ton  (nonno zio) per la terza volta.

BUONE VACANZE A TUTTI

LI LEVE BYEN VIVAN, ALLELUIA – MAI STATO COSI’ BENE, ALLELUIA

Li leve byen vivan, alleluia
Si è alzato bello vivo…. Mai stato così bene, alleluia

Un po’ come a dire che uno si è alzato pieno di energie e di vita dopo una bella dormita. Mai stato così bene! Il linguaggio semplice della gente povera di Haiti non ha certo categorie teologiche per esprimere il prodigio della Risurrezione di Gesù. In fondo, come ci ha fatto notare Padre Ermes Ronchi, il linguaggio usato dai vangeli è lo stesso. “Si è levato”, si è alzato in piedi”, come noi ogni mattino dal nostro letto. Gli evangelisti stessi non hanno trovato altro linguaggio per descrivere cosa sia successo il mattino di Pasqua se non quello semplice del risveglio, del levarsi in piedi, quello del quotidiano riprendere la vita ad ogni mattino. Così riprendo lo stesso linguaggio pasquale per augurarvi di svegliarvi bene, di sentirvi davvero pieni di forza e di speranza, di stare bene come non mai per riprendere la vita e affrontarla con una gioia nuova e con tanto amore.

Un esempio di risurrezione quotidiana me lo ha dato una ragazzina di 12 anni, Elid. E’ una ragazzina che se è viva è proprio grazie agli aiuti arrivati dall’Italia che mi hanno permesso di rafforzare il servizio sanitario e la cura dei malati. Il responsabile della comunità di Boukan Patryot mi aveva avvisato della malattia di questa bambina e che l’infermiera del locale dispensario dava ormai per spacciata, a meno che fosse stato possibile portarla nel più vicino grosso ospedale di Jean Rabel per tentare qualcosa. Ero stato a visitarla e la conoscevo perché faceva parte del gruppo di bambini in preparazione alla Prima Comunione. Abbiamo subito organizzato il trasporto e grazie alla nostra Jeep è stata portata all’ospedale con urgenza. Il dottore che l’ha visitata ha detto che se avessimo tardato un giorno ancora sarebbe morta. Dopo alcuni giorni di flebo e di cure Elid è guarita ed è tornata piena di forze e di voglia di vivere. Abbiamo poi celebrato la Prima Comunione due settimane più tardi. Poi lei è entrata nel gruppo Kiwo diventandone una presenza tra le più forti ed entusiaste, tanto da meritare un posto come responsabile dei più piccoli.

L’altro giorno è arrivata in parrocchia dopo due ore a piedi da sola, si era messa il vestito della festa per incontrarmi. Aveva una povera borsa semivuota tra le mani. Mi ha sorriso come solo lei sa fare e mi ha detto che voleva parlami di un problema. L’ho fatta sedere, gli ho dato dell’acqua fresca e un piwuili (tipo chupa chupa) e l’ho ascoltata. Mi ha detto che aveva fame, che da giorni non mangiavano un granchè e non c’era più niente in casa di commestibile. Lei vive con una zia anziana, il papà non c’è più da tempo, la mamma se n’è andata inspiegabilmente a Port au Prince dopo che lei era guarita e non ha più dato notizie, ne inviato niente, ne cibo, ne soldi. La zia intanto si è ammalata e ora è lei che cerca di governare la casa, di procurare l’acqua e qualcosa da mangiare. Nella borsa aveva una pannocchia, una cipolla e due piccole patate date da qualcuno. Mi ha davvero sorpreso il coraggio e la forza di questa ragazzina che ha deciso di propria iniziativa di muoversi, di fare tanta strada da sola e di cercare aiuto per la zia. Gli ho dato riso, pasta, fagioli  e olio. Gli ho dato dei soldi per acquistare il resto responsabilizzandola nel darmi il resoconto e ho poi inviato la nostra infermiera a visitare la zia. Dopo che ha fatto tanta strada a piedi e per aiutarla con il carico di cose da portare a casa ho chiesto ad un nostro giovane di portarla con la mia moto a destinazione (e per lei era la prima volta) . Era già sulla moto, quando ad un tratto è scesa, mi ha abbracciato contenta e mi ha dato un bacio sulla guancia, dicendomi grazie. Gli ho detto che se io posso aiutare lei e tanti altri come lei è grazie alla generosità di tanti amici italiani che ci vogliono bene. In questi giorni le farò ancora visita per vedere come va la situazione e accordarmi con il responsabile laico della comunità.

Un altra storia di risurrezione è quella di Chelin una ragazzina di 11 anni che era a Port au Prince il 12 Gennaio 2010, quando il terremoto ha devastato tutto e ucciso quasi 250.000 persone. Tra queste vittime c’erano anche il suo papà e la sua mamma. Lei, che aveva 4 anni all’epoca, è miracolosamente rimasta illesa, non avendo più un familiare in vita,  è stata mandata dalla zia, nel nord ovest di Haiti, a Fouby, una piccola frazione della cappella di Boukan Patryot. Così è stata accolta dai suoi parenti di qui. La zia però non ha mai mostrato molto amore per lei e adesso, che è diventata più grande, gli viene rinfacciato di essere un peso per la famiglia. Così l’altro giorno, mentre ero in visita al cantiere  per la ricostruzione della chiesa della comunità di Fouby crollata con il ciclone, mi ha chiesto un favore. Mi ha detto:” Mon Pè, ho saputo che stai comprando pecore e caprette per aiutare la gente colpita dal ciclone. Non avresti una capretta o una pecorella anche per me? Così mia zia finalmente mi tratterà con rispetto e sarà contenta di me perchè ho portato a casa una pecorella o una capretta. Così non dirà più che sono un peso”. Potete immaginare come questo mi abbia toccato il cuore e dopo aver chiesto maggiori informazioni sulla bambina e aver verificato che davvero le cose stavano come lei diceva (caratteraccio della zia compreso), le ho dato i soldi (circa 3500 gourde, quasi 40 euro) e l’incarico di andare lei al mercato con una sua cugina più grande per acquistare una bella pecora. Due giorni dopo sono tornato da quelle parti per incontrare Chelin e fare due foto. La pecora scelta è anche incinta e presto darà alla luce uno o più agnellini. Le ho chiesto se adesso la zia è contenta di lei. Mi ha detto. ” mon Pè, adesso mi tratta benissimo e non mi rinfaccia più niente. Mi sembra di vivere in un’altra famiglia. Grazie tantissime mon Pè!”. Come non rinviare questo grazie a tutti voi che ci avete inviato fondi per restituire a tante famiglie qualcuno degli animali persi nella strage provocata dal ciclone?

Ecco le risurrezioni di ogni giorno, ecco che cosa è per me il LEVE BYEN VIVAN che continua nella storia di ogni giorno, in ogni angolo nel mondo. Gesù risorge là dove una generosità riaccende e rende possibile un nuovo slancio di vita, dove un gesto di attenzione e di cura è capace di far uscire da una situazione difficile se non disperata. Là dove si incoraggia  il non arrendersi e sedersi difronte alla povertà e alla miseria.

Buona Pasqua a tutti e a tutte. Che la Pasqua sia il risveglio più bello per tutti noi.

Spero di riuscire a inviare altre informazioni con il nostro blog, ma soprattutto arrivederci in Italia a fine di questo mese. Arriverò giovedì 27 Aprile e ripartirò verso fine maggio. Sarà bello vedervi e ringraziarvi di persona.

 

BOUYON, la zuppa più buona del mondo

Soup la ki pi gou
LA ZUPPA PIU’ GUSTOSA: il bouyon
Il tempo è passato così in fretta che non mi sono quasi accorto di aver saltato l’appuntamento con il blog da quasi due mesi. Vi devo delle scuse, ma davvero l’intensità della vita di questo periodo mi ha preso la mano, la testa e il cuore. E’ stato un minestrone, una zuppa piena di ingredienti e di gusto. Qui ad Haiti la zuppa più buona, con carne, patate, cipolle, pane, banane, legumi e spezie varie, si chiama “bouyon” e ve la consiglio quando verrete ad Haiti a farci visita (ma non chiamatela zuppa – soup- se no si offendono).
Così proprio nello scrivervi assaporo il buon gusto di questo periodo, e ne apprezzo ora la ricchezza di ingredienti e di sapori.
A proposito ho trovato una storiella che non so bene di chi sia, forse ancora del mitico Ferrero, e che ho adattato al mondo haitiano. Si narra di un uomo misterioso, uno straniero che entrato in un villaggio ha chiesto alla prima signora che ha incontrato se aveva qualcosa da mangiare. Lei rispose quasi seccata: “No io non ho niente da darti, qui siamo tutti poveri”. L’uomo per niente scoraggiato le risponde:” Ok. Ma possiamo fare così. Io ho qui nella mia borsa una roccia speciale che se messa a bollire in una grande pentola è capace di trasformare l’acqua bollita nel bouyon più buono del mondo”. La donna stupita e incuriosita accetta di procurare la pentola e chiede aiuto alla vicina per la legna e ad un’altra per l’acqua. In men che non si dica tutto il villaggio si è radunato attorno alla grande pentola sul fuoco. L’uomo misterioso mette il sasso speciale nella pentola e dopo un pochino, dopo aver ben mestolato, assaggia un po’ della zuppa. “Uhm, veramente buona… Ma mancherebbe qualche patata. Qualcuno può offrirla?”. Una donna corse subito a casa a prendere delle patate che dopo averle pelate vengono gettate nella pentola. Ancora un assaggio e lo straniero dice.” Uhmmm… adesso sì che è ancora più buono. Ma se ci fosse della cipolla…”. Un’altra donna corse a prenderle a casa. Ancora una bella girata di mestolo e ancora un assaggio. “Mezanmi, veramente ottimo, ma… se ci fosse un pezzettino di carne…”. Anche qui, spinte dalla curiosità e ormai conquistate dal buon profumo che usciva dalla pentola alcune donne andarono a prendere un po’ di carne. “Poi, assaggio dopo assaggio, il misterioso cuoco venuto da chissà dove, chiedeva l’apporto di qualche altro ingrediente trovando da parte di tutti una inaspettata disponibilità ad accontentarlo.
Alla fine lo straniero disse: “Un pizzico di sale e… uhmmmmmm … Adesso sì che abbiamo il bouyon più buono del mondo! Andate a prendere piatti e scodelle e venite a mangiare questa delizia. Tutti corsero a prendere piatti e scodelle e tutti mangiarono con grande gusto questo bouyon davvero buono. Tutti erano piena di gioia e di allegria e tutti potevano dire:” E’ anche merito mio se è così buono!”. Mentre tutti mangiavano soddisfatti, l’uomo venuto da chissà dove scomparve senza che nessuno se ne accorgesse, ma lasciando a quella comunità il misterioso sasso che non aveva niente di magico, ma aveva fatto il miracolo di suscitare la collaborazione di tutti. Così da quel giorno il villaggio non mancò ogni tanto di ripetere l’esperienza di condividere ciò che avevano per fare il bouyon più buono del mondo, soprattutto quando avevano bisogno di sentirsi una comunità più unita e solidale.
E’ una bella storia e quando l’ho raccontata nella predica è partito anche un sincero applauso della gente. Mi sono scusato perché probabilmente più di qualcuno aveva davvero fame, ma forse ci sarebbe stato qualche invito a pranzo inaspettato da parte di chi aveva capito la storia.

Il vangelo citava le parole di Gesù all’inizio del discorso della montagna: “ Voi siete il sale della terra…. Voi siete la luce del mondo… Così ho voluto aiutarli a capire cosa vuol dire

Ummh il più buon risotto del mondo… parola di Felice

IL gusto pazzo dell’amore per i poveri del mondo

essere luce e sale, qual è il gusto buono che dobbiamo mettere nella vita di tutti ….
A volte penso che avrei bisogno di più risorse per aiutare, ma devo anche fare attenzione di non riempire la pentola del villaggio dei miei sassi. L’emergenza del post uragano ha richiesto un grande sforzo economico per dare un minimo di risposta a tante urgenze. Ho trovato tanto aiuto da parte degli amici in Italia e devo dire grazie a tutti voi. Non solo ad amici e famiglie di Arcisate, di Brenno, di Melzo, Desio, Zibido S.Giacomo, Monza, Besnate Jerago, Ponte Sesto… Ma anche alla nostra Caritas Ambrosiana e all’Ufficio missionario con la Fondazione Lambriana.
Qui in parrocchia ho detto a tutti e continuo a dire che questo è stato un aiuto speciale, ma che non potrà ripetersi in questa misura. Dobbiamo invece far tesoro di questo tempo difficile per mantenere forte lo spirito di un amore reciproco, per non mancare di dare sempre il proprio contributo per il bene di tutti. Gli stranieri vengono e vanno, ma il popolo haitiano resta.
Noi sacerdoti Fidei Donum dovremmo agire proprio come il misterioso personaggio della storia e cercare quindi di essere presenti come uno stimolo ed un incoraggiamento per far venire alla luce ciò che è buono in loro, ciò che la gente stessa può far fare a partire dalle proprie risorse. Assaporare insieme a loro il gusto buono della solidarietà, della condivisione. Valorizzare il contributo di ciascuno anche se piccolo…

NUOVI INGREDIENTI DI GUSTO…

CAMBIA LA GUIDA POLITICA

In questo momento storico Haiti ha un nuovo presidente, Jovenel Moise, cattolico e uno che è della nostra zona, del nord ovest dell’isola. Per quel che si può intuire sembra davvero un buon uomo, una persona onesta e interessata al bene del paese. La gente nutre molta speranza in lui, soprattutto la popolazione di questo angolo di terra haitiana più trascurato dai governi precedenti. Alla fine di Gennaio c’è stato il secondo turno di elezioni la scelta delle autorità locali, tra i quali i cosiddetti Kasek, che sono come i nostri sindaci. Anche Ka-Philippe ha finalmente fatto eleggere una persona della comunità stimata da tutti, miss Franswa, una bravissima signora, formata come infermiera professionale e che fa parte anche del comitato parrocchiale. Altri due sindaci eletti in altre località del territorio parrocchiale sono persone che provengono dalle nostre comunità cristiane. Un trio di tutto rispetto e che davvero fa ben sperare. Anche questi sono ingredienti indispensabili per dare un gusto nuovo alla vita di tutti.

PROGETTO ACQUA POTABILE
L’ingegnere Giuseppe Bertani è stato tra noi per pochi giorni, ma come sempre, ha portato una ventata di energia e di intraprendenza che ha saputo contagiare tutti. C’erano con lui anche Antonio e Roberto , storici volontari e benefattori di Abbiate Guazzone che però ho potuto appena salutare e abbracciare un momento quando sono passati di qui. Hanno avuto molto da fare con don Claudio e i lavori in corso a Mare Rouge. Con Giuseppe invece ho potuto verificare la possibilità di un progetto per dare l’acqua potabile alla mia zona, soprattutto a Ka-Philippe. Abbiamo visto le due sorgenti più idonee dove la gente scende a prendere l’acqua ogni giorno camminando per un’ora buona in discesa per poi risalire con il peso delle taniche piene. Il progetto richiederà l’istallazione di due stazioni di pompaggio con l’alimentazione a pannelli solari. Si dovrà sistemare la zona delle sorgenti con muri di rocce e cemento e con cisterne di raccolta. Poi ci sarà da stendere e interrare almeno 3,5 km di tubo. L’acqua sarà distribuita in quattro o cinque punti costruiti lungo la grande strada che attraversa Ka-Philippe con i rubinetti e il bacino di arrivo.
Un grande progetto che Filomondo sponsorizzerà con l’acquisto e l’invio del materiale (circa 30.000 dollari). Si sta ora cercando uno sponsor per la realizzazione dei lavori che richiederanno almeno altri 20.000 dollari.
Un comitato di responsabili ci hanno accompagnato e guidato in tutto il percorso. Erano presenti rappresentanti di coloro che lavorano e risiedono all’estero, a Miami e che da sempre si adoperano per sostenere lo sviluppo e le opere sociali del posto dove sono nati. In particolare Guibert Saint Fort è il punto di riferimento principale, molto amato e stimato sia a Ka-Philippe come nelle comunità haitiana che risiede a Miami. Con loro abbiamo concordato il da farsi e come impostare la gestione futura della distribuzione quotidiana e della manutenzione.

La sorgente di acqua dolce dei pirati della Tortuga

Se il progetto di Ka-Philippe appare una cosa davvero grande, bisogna moltiplicarlo 10 volte quasi per avere l’idea del progetto che invece verrà realizzato sull’isola della Tortuga, la famosa isola dei pirati. Giuseppe è stato interpellato come esperto e a nome di una fondazione di Roma ha verificato la fattibilità del progetto e
l’impostazione dei lavori. Così ho potuto accompagnarlo nei due giorni di visita all’isola per fargli da interprete con il creolo. La Tortuga è davvero un isola con zone molto belle e ricche di vegetazione. Il tratto di mare da attraversare richiede quasi un‘ora di tempo e le correnti generano un bel movimento di onde non consigliabile per chi soffre il mal di mare. Il bello è stato salire sulla barca portati sulle spalle dagli addetti al servizio perché non c’era il molo per l’attracco.

La sorgente la si raggiunge dalla costa lungo un canalone nascosto dalla vegetazione (magari come facevano i pirati), oppure dall’alto scendendo per i sentieri che la gente percorre ogni giorno per prendere l’acqua. La fonte è ricchissima e la quantità di acqua come la qualità sono spettacolari. Tutto il progetto è valutato con un costo di circa 500.000 dollari (dieci volte quello di Ka-Philippe appunto). Il tutto potrà dare acqua a gran parte dell’isola con circa 12 punti di distribuzione.

OPERAZIONE CAPRETTE E PECORE

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Le caprettte pronte per il viaggio

Proprio in questi giorni abbiamo finalmente iniziato l’acquisto del primo gruppo di caprette da dare alla gente che ha perso tutto. Abbiamo atteso che i prezzi calassero e
che il mercato avesse un maggior numero di animali da vendere dopo la strage causata dall’uragano. Adesso il prezzo è di circa 2500 a capretta, quasi 34 euro, ma può ancora abbassarsi. Per questo facciamo gli acquisti senza dare nell’occhio, un piccolo numero alla volta,  e senza accendere appetiti speculativi (io non mi faccio vedere, perché se vedono un bianco ad acquistare i prezzi salgono di botto…). Inoltre, il problema delicato è la gestione degli animali da donare  attraverso un comitato che possa verificare l’attività in modo che chi ha ricevuto in dono gli animali possa restituire alla comunità il primo capretto che nasce. Così si crea un circolo virtuoso che permette di accontentare sempre più famiglie con i nuovi nati e ripopolare di animali la nostra zona. Colgo l’occasione di dire grazie a tutti coloro che hanno aderito all’operazione “pecorella” e simili, perché ora cominciamo a vederne i frutti…

SEMENTI, SEMINA, PRIMI RACCOLTI

Il territorio della parrocchia è così vasto che mentre ad un estremo si comincia a seminare nella zona opposta si sta già raccogliendo. Inoltre c’è una buona varietà di prodotti a seconda del tipo di microclima che si crea nelle varie zone, quindi da un parte il miglio (pitimì) è già maturo, da un altra ci sono già i primi fagioli, in un altra il mais è a buon punto, in un’altra ancora i pistacchi sono pronti…. Così chi è stato da noi aiutato per la semina dei fagioli subito dopo l’uragano ora può già restituire una percentuale del raccolto da donare ad altri che semineranno per i primi di marzo… Così sarà per altri prodotti dove il nostro aiuto è stato davvero provvidenziale nei mesi di ottobre e novembre. Anche qui ci crea un circolo virtuoso di solidarietà e scambio che continuerà anche per altri raccolti e per altre semine. Così abbiamo i primi segni concreti che si sta davvero uscendo dall’emergenza.

OPERAZIONE CASE

Una parte di fondi è servita per dare una mano alla ricostruzione delle case danneggiate. Non ho intrapreso direttamente le costruzioni, ma ho dato del materiale (cemento, paglia, assi, travi, lamiere per il tetto,…) o un contributo per pagare muratori e falegnami a seconda delle disponibilità e dei casi. E’ stato un incoraggiare l’attività delle famiglia e sostenere i loro sforzi per ripristinare le abitazioni dopo la devastazione dell’uragano. Ci vorrebbero molti più fondi per accontentare più famiglie, ma non si può fare tutto e la gente lo capisce. Abbiamo aperto i dossier di chi mette in lista di attesa e di chi, come noi, spera nella provvidenza.

RICOSTRUZIONE E RIPARAZIONE DELLE CHIESE DANNEGGIATE

Grazie al contributo della Fondazione Lambriana secondo una scelta fatta in accordo con il nostro ufficio missionario abbiamo intrapreso la ricostruzione di tre chiese crollate a terra con l’uragano. Sono zone molto povere, dove l’esistenza di un edificio per la preghiera crea aggregazione e forza tra i fedeli cattolici, soprattutto in un contesto di forte presenza della chiesa protestante. La somma destinata è stata di 27.000 euro che ho diviso in tre parti uguali per ogni costruzione. Ho chiesto alla gente tutta la collaborazione possibile per far rendere al massimo i soldi a disposizione per arrivare almeno al tetto. Così ho cominciato con Loubye che è il progetto della chiesa più grande (18.50 x 9) perchè aspira a diventare una cappella e ne ha la chance. Purtroppo nel gettare le fondamenta abbiamo dovuto restare più alti con un utilizzo di materiale maggiore a causa di probabili allagamenti in caso di forti piogge. Siamo arrivati al tetto spendendo circa 11.000 dollari e per ora ci siamo fermati qui. Al posto delle pareti che mancano mettereno un intreccio di foglie di palma in attesa di avere un giorno altri fondi. La gente ha contribuito con l’acqua, recuperando le rocce, trasportando il materiale, facendo da mangiare a costi limitati per chi lavorava. I muratori e  i manovali, quasi tutti appartenenti alla stessa comunità, hanno  volutamente lavorare per una cifra minima e sottocosto. Immaginatevi una cosa così quanto sarebbe costata in Italia, per me è già un miracolo

arrivare dove siamo arrivati! Il giorno della grande gettata di cemento per il pavimento tutti hanno scelto di lavorare gratis e tutti hanno contribuito per il cibo da dare a tutti senza chiedermi un gourde (non ci vedete la realizzazione della storiella del sasso e del bouyon?). Adesso sto cominciando con la seconda chiesa crollata di Fouby per poi passare a quella di Vye Hatte. Per queste conto di far bastare i rimanenti 16.000 dollari, anche perchè saranno più piccole e destinate a comunità meno numerose.

AZIONE SANITARIA E ATTENZIONE AI BAMBINI PORTATORI DI HANDICAP (AKSYON GASMI)

Dopo l’uragano anche il tema della sanità è entrato a pieno titolo nella grande emergenza e ha chiesto un grande sforzo per dare risposta ai problemi di salute connessi alla mancanza di cibo e di risorse per vivere. Abbiamo dato forza alle attività dei nostri dispensari, abbiamo arricchito di quantità e qualità la scorta di medicinali e dato più disponibilità nei vari servizi. In particolare ritengo davvero provvidenziale il servizio di visita a domicilio e un coordinamento più preciso e studiato delle attività dei dispensari. Devo dire grazie alla nostra Miss Shinaidine che è entrata in piena sintonia con il servizio con capacità e passione. Per lei ho intenzione di acquistare un altra moto per agevolare gli spostamenti là dove la macchina non può arrivare e dove a piedi ci si metterebbe troppo tempo per arrivare a dare soccorso. Con Shinaidine stiamo portando avanti gli incontri con i bambini portatori di handicap insieme alle loro famiglie, sia nelle cappelle come nelle varie frazioni. Tutto questo nello spirito di Aksyon Gasmi  di cui Madda è responsabile, come già sapete. Una attenzione privilegiata ai più poveri tra i poveri perchè piccoli e con gravi
difficoltà fisiche, psichiche e sociali. Madda continua a seguirci e a darci il suo supporto per ogni necessità. Grazie al suo interessamento abbiamo potuto dare al piccolo Loveson una gamba nuova e a Selfina un apparecchio correttivo per la sua gambina storta. Ma incontro dopo incontro scopriamo che si sono tanti Loveson e tante Selfina un pò dappertutto… Noi ci mettiamo tutto il nostro cuore e le nostre risorse, le risposte non potranno che aumentare a vantaggio di tanti altri.

TANTE BELLE COSE DALL’ITALIA

Dopo due mesi di viaggio, intorno alla metà di Gennaio, abbiamo ricevuto il materiale raccolto in Italia nei mesi prima del Natale.

Così abbiamo potuto distribuire la nostra buonissima pasta italiana e il gustosissimo tonno. Abbiamo dato i vestiti, i cappellini, le magliette, le borse, i foulard e quant’altro c’era nei 120 scatoloni arrivati. Stiamo distribuendo alle nostre scuole il materiale scolastico inviato con la gioia di tutti i nostri alunni e dei professori. Giochi e palloni adesso animano i pomeriggi in parrocchia, non solo a KA-Philippe, ma anche nelle nostre scuole e nelle varie frazioni.  Grande successo per il lego e i giochi di incastro. Per i più piccoli sono stati apprezzati i vari pupazzi e i peluche.  Va alla grande l’attività per il disegno, la pittura e la composizione di collane braccialetti.  Un problema sono gli scoubidu perchè io non mi ricordo più come si facevano e qui nessuno li sa fare (mi mandate un video per ricordarmi la tecnica?). Amatissime e ricercatissime  le biciclette che mettiamo a disposizione anche per chi deve andare lontano e ne chiede l’uso. Provvidenziale è stata la scorta di medicinali per rifornire i nostri dispensari. Certe qualità e tipologie di medicine qui da noi ce le sogniamo.

Non tutto era comunque arrivato e proprio ieri ci hanno avvisato che anche le ultime scatole sono sbarcate pronte per essere portate nei prossimi giorni a Ka-Philippe. Grazie davvero a tutti e avrò modo di mandarvi il resoconto con delle indicazioni su che cosa è meglio inviare in seguito, secondo le disponibilità.

I GRUPPI GIOVANILI, KIWO ALLA GRANDE

Un ingrediente di gusto nell’azione pastorale sono i nostri giovani, in particolare la loro partecipazione alle varie attività. In particolare va notato il crescere esponenziale delle adesioni di bambini, ragazzi e ragazze e giovani al gruppo Kiwo (vi ricordate, tanto per intenderci, qualcosa di simile ai nostri gruppi scout). E’ così vero che ormai tutte le cappelle e le frazioni hanno un gruppo così. Piano piano li stiamo aiutando ad avere le uniformi e il materiale necessario per la vita del gruppo. Sosteniamo con forza e convinzione la formazione degli aderenti e in particolare dei responsabili che non mancano agli appuntamenti formativi sia regionali che diocesani e nazionali.

Era cosi tanto che non scrivevo che rischio di mettere troppo in una volta sola. Il mio cuore è già pronto a promettervi di fare subito un’altra puntata per finire di raccontare e illustrare, spero che la realtà della vita di ogni giorno me lo possa permettere. Quindi a presto con altre informazioni e immagini, ve lo dice il mio cuore.

Pè Levi